mercoledì 5 novembre 2008

Risolto problema sicurezza

Grazie a Pilgrim ho sistemato la rogna che attanagliava il nostro blog.
Qui di seguito la sua eccellente soluzione:

Ho deciso di scrivere questo articolo
per venire incontro a quanti di noi
webmaster hanno rilevato sul proprio
sito o blog, anomalie improvvise collegate
ad un certo sito di nome
youprog.info (per es. avvio di applet non dipendenti
dalla nostra volontà,
ecc.).
Ebbene questo sito cerca di installare sul
nostro pc o di quello
dei nostri utenti un trojan che fortunatamente in genere
viene rilevato e
bloccato dall'antivirus. Per evitare quindi che i nostri utenti
non
ritornino più sul nostro sito per questi evidenti motivi vi segnalo uno dei
siti incriminati dal quale parte il codice maligno che ci indirizza verso
youprog.info. Come da titolo avrete ben capito di che si tratta:
wstatslive.com,
il sito di contatore di statistiche web gratuito e
professionale (ma a quale
prezzo?), completo di tutte le sue funzioni
(soprattutto di quelle nascoste ai
nostri occhi). Regalino: un bel trojan e
meno utenti.Al primo caricamento della
pagina (prima visita in assoluto e
succede se cancellate cache, cookie e file
temporanei) contenente questo
codice fornitoci da wstatslive.com, si apre una
finestra per un tentato
avvio di un'applet java proveniente dal sito
youprog.info. In altri casi
invece tutti i normali link presenti sulla nostra
pagina vengono alterati
per primi 30/40 secondi, portandoli tutti sempre a
youprog.info.Se avete il
contatore wstatslive.com sul vostro sito vi consiglio
quindi di toglierlo
immediatamente e di passare a un servizio gratuito più
serio.Uno di questi è
histats che io stesso uso e sempre qui potete segnalare
tutti i siti
concorrenti che fanno uso di un codice maligno nello script del
contatore.Segnalatelo in tanti perché inserire del codice maligno
all'interno
dei contatori è ASSOLUTAMENTE ILLEGALE!!!!
Spero di essere
stato utile con
questo articolo e di aver risolto il problema di chi aveva a
che fare con
youprog.info senza saperne la provenienza.Commenti all'articolo
per raccontare
le vostre esperienze sono ben accetti.P.S. Questo è uno dei
tanti servizi di
contatori gratuiti illeciti, ho notato che parecchi di
questi siti hanno la
stessa grafica di
wstatslive, per questo ho avuto premura di mostrarvi anche uno
screenshot
del sito incriminato. Quindi occhio alle fregature e buon "WEB" a
tutti!
Fonte:
http://www.shoppingweb.netsons.org/recensione_wstatslive.com.php


Approfitto per informarvi che ho aggiunto anche un nuovo servizio: "Gli eroi delle cronache". Invito tutti gli eroi ad iscriversi!

A presto.

domenica 2 novembre 2008

Tema modificato provvisoriamente...

Su segnalazione di utenti che leggono il blog (davvero non pensavo di essere famoso...) risulta che al completamento del caricamento del sito, cerchi di installarsi un virus.

Effettivamente sembra una routine Java che fa cose strane...

Siccome l'unica cosa che può averla provocata è l'utilizzo del template "Hobbit" da me scaricato, ho ritenuto saggio rimuoverlo e utlizzare TEMPORANEAMENTE un template standard.

A breve aggiornamenti.

Grazie a tutti, specie ai lettori (esterni al gruppo di Eberron!) che hanno segnalato la cosa.
A presto.

Dimuz

PS: AH! Visto i solleciti di tutti, mi scuso per non aver ancora pubblicato le cronache, ma non ho avuto molto tempo... Quanto prima saranno pubblicati 5 nuovi post che raccontano le gesta dei nostri eroi!

sabato 6 settembre 2008

Dall'Incudine Infranta al Pugno Serrato

Quando giunsero alla stazione di recapito si resero conto immediatamente che qualcosa di terribile era avvenuto.
La porta era scardinata e si vedevano ancora fogli svolazzare in aria.
Entrarono con circospezione, armi in pugno.
Ad un lamento si diressero verso il bancone e trovarono la gnoma riversa a terra che stava riprendendo i sensi.
«Cos’è successo? Dimmi!» le chiese Kherydan mentre le sosteneva la testa.
Aprì leggermente gli occhi con un lamento, ma poi svenne di nuovo.
«Ha preso una brutta botta in testa. Non credo potrà riferirci molto.» concluse.
«Qualcuno stava cercando qualcosa.» constatò Jagoren mentre esaminava la stazione.
Diedero un’occhiata alla stanza, ma non trovarono nulla, quindi uscirono per cercare aiuto.
Appena fuori la loro attenzione fu catturata da qualcosa che volteggiava nel cielo.
Un gigantesco gufo virò in picchiata su di loro appena li scorse.
Estrassero le armi convinti dell’imminente attacco, ma a pochi metri dalle loro teste, con un colpo d’ali il gufo si alzò di nuovo alto nel cielo, lasciando però cadere una pergamene arrotolata proprio in mezzo agli avventurieri.
La raccolsero ed aprirono:

«Di corsa! Le mie sensazioni alla fine erano giuste.» concluse Jagoren, e corsero via.
Arrivati all’Incudine Infranta trovarono Lady E. seduta ad un tavolo, con gli occhi che scattavano ansiosi ad ogni movimento.
Li accolse calorosamente, decisamente sollevata nel rincontrarli.
«Ci sono addosso! Vogliono lo schema!» disse agitata, «Prendete! Qui troverete tutto quel che vi serve.» e porse loro uno zaino.
Stavano per aprirlo e chiedere spiegazioni, quando uno schianto divelse la porta e un gruppo di coboldi guidati da un forgiato fece irruzione.
«Il mio nome è Cutlass!» urlò il forgiato, «E tu umana, hai un oggetto che appartiene al mio Signore!» e sparò un quadrello in direzione di Elaydren.
Fu l’inizio di una battaglia furiosa, alla fine della quale Cutlass cadde schiantato dall’ascia di Jagoren insieme a due dei coboldi mercenari, mentre gli altri si diedero alla fuga.
Durante la confusione della lotta, Lady E. si era dileguata e i quattro amici si ritrovarono ad ispezionare il contenuto dello zaino.
«A parte questa strana piccola verga, c’è l’equipaggiamento sufficiente ad una settimana in missione.» osservò Skado.
«Si, ma quale missione?» commentò sarcastico Kherydan.
«Questa» e Pilgrim lesse a tutti il contenuto di una lettere che trovò su una tasca dello zaino.


«Visto le due lettere di credito Lyrandar e Orien» indicò Kherydan, «dobbiamo scegliere se viaggiare via terra o via mare.»
«La più veloce?» chiese il guerriero
«Via mare ovviamente» rispose il ranger morfico
Vista l’occhiata d’intesa tra tutti Jagoren concluse: «Allora è deciso. Spero che nessuno soffra il mal di mare», e si diressero a passo svelto al porto di Sharn.

Si imbarcarono sulla nave Lyrandar battezzata Cresta dell’Onda, guidata dal veterano capitano Bryger, membro della gilda degli invocatori della pioggia.
I primi due giorni trascorsero tranquilli. Pilgrim sempre addosso al capitano per conoscere i segreti del galeone a propulsione elementale, Skado a far amicizia con il resto dell’equipaggio, Kherydan a raccogliere informazioni tra i passeggeri e Jagoren sempre sul ponte di prua a scrutare la costa.
La terza notte, mentre discutevano sul resoconto di Kherydan che riportava di un passeggero molto sospetto sceso il giorno prima a Korranberg, che affermava di seguire transazioni commerciali per un certo Veste Rossa, ci fu l’attacco.
Si trovavano come al solito fuori, sul ponte di prua, quando notarono quella strana ed innaturale nebbia.
Jagoren, da esperto militare Deneith, dispose i compagni su tre lati della nave e lui invece salì sulla torretta dell’albero maestro. Dall’alto notò che la nebbia stava chiudendo come un anello la nave nelle sue vaporose spire.
Dalla chiatta fuori babordo si sentiva rumore come di artigli che affondavano nel legno. E in pochi istanti una dozzina di scheletri fecero la loro comparsa sul ponte della nave.
Gli amici, che erano preparati al peggio, li attaccarono immediatamente. Skado guizzava da una parte all’altra, Kherydan sfruttando i suoi manti psionici e Pilgrim con la sua balestra e le sue bacchette, mentre Jagoren bersagliava dall’alto della torretta.
Sembravano avere la meglio, fino a quando non apparve un’oscura figura e puntando il dito su Jagoren, emise due dardi incantati che lo colpirono in pieno. La nebbia oramai aveva avvolto la nave e dalla posizione sopraelevata non vedeva più nulla. Decise quindi di scendere, anche perché aveva udito un urlo di agonia di Skado, probabilmente accerchiato da troppi scheletri.
Una volta sceso, si lanciò nella mischia e si dimostrò determinante nell’aiutare Pilgrim e Skado, che nel frattempo versava a terra in gravi condizioni.
Mentre la nebbia si dileguava, la figura avvolta nell’oscuro pastrano rimaneva immobile eretta sulla paratia della nave a fissare i quattro avventurieri. Poi, lasciandosi cadere indietro, scomparve nelle acque della baia del Kraken.
Chi era quella figura oscura? Ancora forgiati? O erano altri che volevano fermarli?
Domande sollevate, che non avrebbero mai avuto risposta. Almeno non adesso.
Giunsero a Rhukaan Draal nel pomeriggio del giorno seguente. Salutarono il capitano Bryger, che ancora li ringraziò per aver difeso la sua nave e disse loro che non se ne sarebbe mai dimenticato.

Seguendo le indicazioni della lettera, giunsero al mercato sanguinario. Quella che un tempo era una città di frontiera del Cyre, ora è la più importante città del Darguun, il regno dei goblin. L’architettura fine cyrana viene forzatamente fusa con la grezza arte muraria dei genieri goblinoidi, dando la sensazione a chi la attraversa, di trovarsi in una città decadente.
Mentre camminavano meditavano sugli avvertimenti di Bryger: evitare di comprare qualsiasi cosa a meno che non fosse strettamente necessario, e soprattutto, non importunare per nessun motivo i mercanti, altrimenti i goblinoidi del Lhesh Haruuc, il re dei goblin, li avrebbero condotti alla Torre Nera, da cui non sarebbero mai più usciti.
Seguendo le indicazioni della lettera di Lady E. chiesero della locanda del Pugno Serrato, ma nessuno dei mercanti sembrava intenzionato a dar loro retta.
Fino a quando non si trovarono di fronte all’imprevisto.
Sotto una tenda, sopra una cassa per sembrare più alto un goblin dalla voce familiare si dava da fare per vendere la sua merce:
«Venite nobili signori! La migliore merce dalla metropolitana Sharn!».
«Non ci posso credere…» fu il commento di Skado
«Ma è proprio lui?» chiese Kherydan
«Certo che lo è! E bisogna dargli atto che è davvero bravo! È la tenda con il maggior affollamento di clienti.» commentò Pilgrim
«Rimane sempre un maledetto imbroglione…» obiettò Jagoren, nel riconoscere Skakan, il goblin mercante del topo di Sharn.
«Potrebbe anche essere la nostra unica occasione di trovare il Pugno Serrato.» suggerì Skado.
«Ci parlo io però.» e Kherydan si fece largo tra la folla.
Nel riconoscerli Skakan non fu affatto felice, anzi li scrutava con uno sguardo carico d’odio ed allo stesso tempo sadico, conscio che ancora una volta avevano bisogno delle sue informazioni.
Dopo una serrata trattativa, gli amici ottennero che Skakan li guidasse al Pugno Serrato, ma in cambio ottenne ben novecento monete d’oro. Cosa che inasprì ancor più il rapporto con Jagoren. Ma il goblin fu di parola e muovendosi agile tra i cunicoli interni e le oscure vie della capitale del Darguun, li condusse fino alla porta del pugno serrato. Dopo aver sputato per terra e augurando loro di non vederli mai più, si voltò e tornò da dove era venuto.
Entrarono.
Gli unici avventori erano umani, compreso il locandiere che stava lustrando un boccale di terracotta con uno straccio lurido.
Chiesero di Failin, e dopo un momento di indecisione, il locandiere indicò un uomo seduto ad un tavolo in disparte.

Dopo essersi presentati, esposero le loro richieste. L’impressione che maturarono su Failin, fu di considerarlo un uomo pavido e di cui non fidarsi totalmente. Vestito con abiti di ottima fattura e dall’atteggiamento annoiato, non sembrava intenzionato ad aiutare i quattro avventurieri. Specie quando fu menzionata la Landa Gemente.
Anche questa trattativa non fu facile, ma alla fine, dietro un compenso extra, riuscirono ad accordarsi sul prezzo dei suoi servigi.
«Ora che gli accordi sono fissati, possiamo andare al carro.» disse l’ex membro del casato Orien.
«Carro? Quale carro?» chiese Kherydan.
«Il MIO carro, zotici!» sbottò Failin, «Come pensavate di raggiungere la vostra destinazione? In sella a qualche puzzolente animale? Ma guarda con chi mi tocca aver a che fare… Sono proprio caduto in disgrazia…»
Non avendo altra possibilità, i quattro non commentarono e si diressero verso l’uscita con Failin.
«Pensa di tornare, signore?» chiese il locandiere a Failin.

«Certo che lo pensa!» lo anticipò Jagoren aprendo la porta, «Un uomo di classe come lui, non rinuncerebbe mai ai piaceri di questa città!»


Zor, Ventiseiesimo giorno di Aryth
Cronache di Eberron - 998 AR

sabato 30 agosto 2008

Un po' lenta, con errori, ma Bella!

Volevo far sapere a tutti che la sessione di ieri sera è stata davvero divertente.
Sì, è vero, siamo ancora lenti con le meccaniche di gioco e a volte si commettono errori, ma è anche la terza volta che giochiamo, siamo partiti alle undici e con Denis che ho definito (scherzando ovviamente! Gayazzo TVB!!!) elemento di disturbo.
Fatto sta che avete affrontato uno scontro complesso e abbiamo iniziato ad usare VERAMENTE la griglia di battaglia.

A tal proposito debbo segnalare le imprecisioni più grossolane di ieri:
  • Non abbiamo mai aggiunto il bonus di Forza ai danni... Ne voi, nè io... Aggiunti al Tiro x colpire, ma ai danni no. Sarebbe durato molto meno il combattimento con Cutlass...
  • Non abbiamo mai usato l'attacco di opportunità, che è un attacco gratis quando uno si sposta da un quadretto adiacente

Dobbiamo inoltre rivedere i talenti di Jagoren, perchè secondo me te ne manca uno. A pagina 90 del Manuale del giocatore sono indicati con un apice 2 i talenti bonus del guerriero. Talenti che vengono presi al 1°, 2° livello e poi ogni due (4,6,8,10,12,..). Talenti gratis che solo il guerriero può avere.

Per Pilgrim, un po' più di verve e il personaggio va alla grande. Manuel non ti buttar giù. Il tuo PG ha potenzialità incommensurabili, devi solo leggerti le poche paginette dell'artefice e dei forgiati, e vedrai che ti verranno in mente mille modi su come interpretare certe situazioni.

Per Kherydan e Skado, direi nulla da aggiungere.

Per tutti invece, date un'occhiato alla tabella dei talenti di pagina 90 del manuale del giocatore e quelle dei manuali dedicati. Ad esempio Fabio potrebbero interssarti molto i talenti del Perfetto Combattente x pompare il tuo Jagoren, per Simone quelli descritti nel Perfetto Avventuriero e quelli di razza dei morfici negli estratti di Eberron che vi ho dato.

Comunque si va alla grande, bisognerebbe trovarsi più spesso, tipo ogni due venerdì come avevamo indicato prima di iniziare, ma visto che andiamo verso la stagione fredda, anche un sabato pomeriggio così facciamo una sessione MEGA.

Ah, se Denis viene di nuovo, ti costringo a giocare! Almeno se rompi, sei giustificato. E manca il chierico... chi meglio di te...

domenica 13 luglio 2008

Il cerchio si stringe

La ricompensa di Lady Elaydren fu generosa.
Non fecero molte domande su quale fosse lo scopo o la funzione dello schema. Sapevano che la nobile Cannith non avrebbe mai detto nulla di veramente importante, tanto valeva chiedere.
Quando si congedarono, Lady E. li ringraziò a nome del casato dei costruttori e chiese loro di rimanere a disposizione e di verificare di tanto in tanto, l'arrivo di eventuali comunicazioni alla stazione di recapito messaggi del casato Sivis.

Dopo qualche settimana trascorsa ad oziare, i quattro amici decisero che troppe erano le domande a cui dare una risposta.

Chi sono questi Cannith, veramente?
Perché tutti quei forgiati fanatici erano interessati a mettere le mani sugli schemi?
Chi è veramente Lady Elaydren, e soprattutto cosa temeva?
Cos'è quell'orrore che Jagoren ha risvegliato?
E quel ciondolo ora sigillato nello scrigno nero, cosa rappresenta?

«C'è solo un luogo qui a Sharn, che può soddisfare la nostra curiosità.» indicò Pilgrim: «L'università di Morgrave! Lì abbiamo qualche possibilità di trovare qualche indizio.»
«E cosa aspettiamo ad andarci?» esclamò Skado saltando dallo sgabello: «Sono settimane che oziamo, spendendo i nostri soldi in vino e donne alla "Fiamma" giù a Menthis Intermedio.»
«Già.» commentò assorto Kherydan: «Tu in particolare. Comunque è ora di rimetterci a fare ciò che sappiamo fare meglio: cercare guai.»
«Concordo!» intervenne ironico Jagoren: «Ma dobbiamo essere accorti. Portiamo i nostri averi alla Banca Kundarak. Compreso lo scrigno nero. E poi andiamo a raccogliere informazioni.»

E così fecero.
L'istituto finanziario più potente di tutta Eberron, accolse molto volentieri i copiosi beni degli avventurieri. Emise le quattro lettere di certificazione del deposito personale, che i quattro amici lasciarono a Lulshen.

Raggiunsero la biblioteca di Morgrave, e dopo essersi presentati, esposero lo scopo della loro visita ad un giovane studente mezzelfo di nome Thilarn.


Di indole socievole, incuriosito dalle variegate richieste dei quattro amici, decise di far loro da precettore, e li scortò fino alla Libreria Universitaria.

Le scoperte che fecero, furono sconcertanti.

Il casato Cannith fece la sua comparsa circa 2500 anni fa. Da semplici artigiani e riparatori, accostandosi sempre più alle arti arcane, divennero i più formidabili artimaghi del mondo. Forgiati, Treno Folgore e le stesse Torri di Sharn, sono frutto della loro arte. Il casato controlla la Gilda dei Riparatori e quella dei Fabbricanti. La prima si occupa della riparazione e manutenzione di infrastrutture, costrutti e oggetti di uso diffuso; la seconda si occupa tipicamente di grandi opere, artifici e magia. Dopo il giorno della tragedia, in cui il patriarca e l'intero Cyre vennero spazzati via, tre figure si contendono il dominio sul casato: Jorlanna d'Cannith di Fairhaven, Merrix d'Cannith a Sharn e Zorlan d'Cannith a Korth. Questa diatriba rappresenta la più grande crisi mai affrontata dal casato, e si teme lo scisma.

Sui forgiati, non trovarono molto più di quanto già conoscevano. L'unico elemento che li incuriosì furono dei rapporti che indicavano continui avvistamenti di forgiati particolarmente aggressivi nei pressi della Landa Gemente.


Su Lady E. e sull'orrore che risvegliarono non trovarono assolutamente nulla, ma su un antico tomo religioso, riconobbero il simbolo che appariva sul ciondolo. Scoprirono essere l'effige della Dea Furia. Una dea rinnegata, adorata da tutti coloro che consumati dalla passione, giungono alla pazzia.

«Mi sembri preoccupato» chiese Pilgrim a Jagoren.
«Non ho trovato le risposte che mi aspettavo...» rispose meditabondo il nobile Deneith: «Sono certo che non è finita qui...»

Gli amici ringraziarono Thilarn e tornarono alla Fossa di Lulshen. Lì trascorsero altre settimane, senza che nulla di rilievo accadesse. Le uniche note interessanti furono i ricorrenti articoli sullo Sharn Inquisitive, che riportavano le indagini inconcludenti sulla strana morte di un altro ricercatore che partecipò alla spedizione ir'Tain a Xen'Drik; a cui sempre seguivano le visite di Lalia e sua sorella Tasra, della Gilda dei difensori e che procuravano ogni volta a Jagoren un pessimo umore. Sembrava che quelle due trovassero gusto ad umiliare il giovane, specie in publlico.

Fino a quando, una mattina di metà Arith, il sergente Dolom venne alla fossa e chiese di parlare con Kherydan.
Si presentarono tutti, ovviamente, ma il nano veterano, si rivolse solo a lui.



«Da quando vi ho incontrati, ci sono stati troppi avvenimenti oscuri» iniziò Dolom: «Ragazzo, tu mi sei simpatico, ma da quando è morto il prevosto Bonal Geldem, sembra che i guai si siano riversati su questa città. Ed in particolare sul mio distretto.»
«Che intendi dire?» chiese Kherydan.
«Intendo che dopo quell'assassinio irrisolto e senza alcun apparente movente,» gli amici si scambiarono una rapida occhiata, «sono morti altri due esploratori di Xen'Drik in modo assolutamente inspiegabile, con addirittura chi afferma di aver visto scorpioni attorno ai cadaveri. Poi riemergono dalle fogne cadaveri di gente sconosciuta. Ed ultimamente dagli Ingranaggi, durante alcuni scavi di ampliamento, qualche operaio risulta scomparso.»



«E noi che cosa c'entriamo in tutto questo?» chiese Kherydan calmo.
«A parte il fatto che siete sempre nei dintorni?» incalzò il nano seriamente.
«La questione dello gnomo esploratore è affare della Gilda dei Difensori, e Jagoren è già impegnato con i suoi per la questione. Per l'assassinio del prevosto, mi sembrava ormai chiusa la faccenda. Per i cadaveri nelle fognature, non ne sappiamo niente, e per...» ma fu interrotto da Dolom.



«Invece non ne sarei tanto sicuro.» disse alzandosi dallo sgabello e puntando l'indice accusatore su tutti loro: «Un testimone ha fatto la descrizione di quattro individui che cercavano la valvola E-213, e questa descrizione è incredibilmente somigliante a voi.»
«E chi sarebbe questo testimone?» chiese Kherydan con incredibile freddezza, a differenza degli altri che si chiusero in un teso silenzio.
«Beh... diciamo che non è importante che sappiate chi è.» rispose elusivamente Dolom, rimettendosi seduto.
«Non direi proprio!» esplose strategicamente il kalashtar, avendo capito che si riferiva al goblin Skakan: «Visto che dalla reputazione di un testimone, dipende quasi sempre la sua attendibilità!»



«Comunque sia,» interruppe il sergente: «Ero venuto qui per chiedere il vostro aiuto, proprio sull'ultima questione: gli operai scomparsi agli Ingranaggi.»
«Sentiamo, e in cambio di cosa?» chiese Kherydan fermo.
«Mmm... intanto volevo capire se eravate interessati, poi per gli eventuali accordi, ne parleremo.» concluse.
I quattro amici si scambiarono uno sguardo d'intesa, ed infine Kherydan disse: «Ci penseremo.»



Il nano li guardò tutti seriamente, con un occhi scrutatori e saggi.
«D'accordo.» disse alzandosi di scatto. Si diresse alla porta, ma prima di sparire si voltò: «Non dimenticate che siete ospiti qui a Sharn, la mia città. Vi tengo d'occhio.»

I quattro attesero qualche istante che il sergente si fosse allontanato, poi decisero sul da farsi.
«Che facciamo?» chiese Pilgrim.
«Oggi è Mol, quindi dobbiamo fare un salto alla stazione di recapito, per vedere se c'è qualcosa da parte di Lady E.» rispose direttamente Kherydan.
«Ottimo! Speriamo ci siano buone nuove!» esclamò gaiamente Skado il ranger.
«Ho una strana sensazione.» ammise Jagoren.
«Che sensazione?» chiese Kherydan preoccupato.



«Come se intorno a noi, il cerchio si stringesse...»

Mol, Ventiduesimo giorno di Aryth

Cronache di Eberron - 998 AR

Il nemico si rivela e un orrore riemerge dalla roccia

Riposarono per qualche ora, giusto per riprendersi dagli scontri che li avevano sfiniti.

«Dobbiamo tornare. Lady Elaydren ci attende» suggerì Jagoren
«Si, ma dove sarà finito Skado?» chiese Pilgrim
«Arriverà, non temere» confortò Kherydan

Riemersero dalla forgia Cannith e mentre si apprestavano a ripercorrere la strada che li aveva condotti nelle profondità di Sharn, dall'ombra di un'antica colonna di pietra, emerse un forgiato.

Avvolto nel mantello, brandiva minaccioso uno stocco di pregiata fattura. Mentre teneva gli occhi rossi fissi sul gruppo, urlò: «Maledetti! Io sono Saber, e ciò che avete preso dalla forgia mi appartiene! Lasciate tutto a terra e forse vi risparmierò la vita!».
«Sei pazzo!» gli urlò Jagoren estraendo la mazza.
«Perché affermi essere tue queste cose? Come puoi provarlo?» chiese Kherydan, ponendo un braccio a fermare l'ira del nobile.
«Ma perché fai sempre domande inutili Kher?», e Skado comparve con un balzo acrobatico, finendo proprio accanto a Kherydan, con il suo solito sorriso sardonico stampato in volto, «Quello simpatico sono io!».
«Lasciate a terra la roba, o morite!», minacciò Saber.
Ed un quadrello sibilò a pochi centimetri dalla testa di Saber, lanciato da Pilgrim in risposta alla sfida.

E la battaglia ebbe inizio.

Jagoren, come sempre, cercò di schiacciare il nemico, mentre Kherydan, Skado e Pilgrim tentavano di attaccarlo a distanza.
Saber combatté con ferocia, urlando vendetta per i forgiati caduti e dedicando ogni colpo andato a segno al suo Signore, chiunque fosse.
Ma alla fine cadde.
Fu un fendente della spada di Kherydan a finirlo.
Cadde lentamente, prima posando un ginocchio, come se volesse resistere, poi rovinò a terra, con la faccia rivolta al suolo.

Poco dopo si sentì uno strano sibilo.

«Un altro messaggero finale!» gridò Pilgrim.
«Ma... non sembrerebbe... le altre volte non aveva fatto questo rumore...» avvertì Kherydan.
«Sono stanco di questa storia!» e Jagoren girò il corpo di Saber.

Il sibilo si fece sempre più acuto e più forte.
«Per il Karrnath! Ma che cos....?»

E un'esplosione investì in pieno Jagoren sbalzandolo alcuni metri più in là, colpendo di striscio gli altri.

Dopo qualche istante i tre si rialzarono e corsero a constatare le condizioni di Jagoren.
«Si riprenderà, non è grave» constatò Skado.
«Non ti chiedo nemmeno dove diamine sei stato, e non voglio nemmeno saperlo!» lo rimproverò Kherydan.
«Invece ti interesserà! E interesserà anche lui.» aggiunse indicando Jagoren.

Dopo una fiala curativa ed una buona mezzora di riposo, Jagoren riuscì a rialzarsi stabile sulle gambe.
Di Saber non rimase molto.
«Questo bastardo si è fatto esplodere» commentò il guerriero.
«Almeno controlliamo se ha lasciato qualcosa di utile» suggerì Pilgrim.
A parte lo stocco, che Pilgrim fece suo, non trovarono molto, ma spostando i resti del forgiato Skado notò qualcosa: «Ehi! Venite a dare un'occhiata. C'è qualcosa qui.»
A terra, proprio dove fu l'epicentro dell'esplosione, emerse un bassorilievo a forma circolare. Rimossero la secolare polvere e tornò alla luce una sorta di disco con strane rune incise sopra, con degli incavi su due estremità.
«Lasciamo perdere...» suggerì Kherydan.
«Paura?» lo incalzò Jagoren.
«No, è che non mi piace affatto. Ho una brutta sensazione.» rispose.
Senza che desse loro il tempo, Jagoren aveva già infilato le mani sotto il disco e tentò di sollevarlo.
Si sentì uno scatto, come di un meccanismo.
«Sembra che si possa ruotare... Come una maniglia...» e girò.

Per un istante fu il silenzio.
Poi la terra iniziò a tremare. Dal soffitto precipitarono frammenti di roccia e polvere.
La colonna innanzi a loro scivolò nel pavimento, come fosse una parete a scomparsa, rivelando un'oscura presenza.

Apparve loro uno scheletro ritto di un individuo incatenato al muro. A terra poco distante, un piccolo scrigno di colore oscuro. L'unico oggetto indossato dall'essere inanimato era un ciondolo che pendeva dal suo collo e arrivava fino al centro del petto.
«Da vivo dev'essere stato un orco, o roba simile!» esclamò Skado mentre esaminava il cadavere.
«No. Il cranio e le ossa dimostrano che era umano. Incredibilmente grande, certamente. Ma umano.» concluse Pilgrim.
«E da quanto si trova qui?» chiese Kherydan.
«Da secoli.» rispose il forgiato «Vedete queste rune e incisioni? Risalgono addirittura a prima della fondazione di Sharn. Sono dell'era dell'impero goblin Dhakaan. Sono disposte a semicerchio intorno al prigioniero... Quasi a vincolarlo...»
«La cosa non mi piace.» ribatté Kherydan, «Andiamocene».
«Un momento!» contestò Jagoren, «Se lo hanno rinchiuso qui, voglio cercare di capire il perché.» e prese in mano lo scrigno.
«Un impero antico e sanguinario, come quello goblin, cattura questo tizio. Probabilmente lo temevano e decidono di portarlo nelle viscere della terra. Lo incatenano ad una roccia. Ci scrivono sopra non so quante maledizioni in goblinoide. Non contenti lo sigillano con un muro di roccia immenso, e lo lasciano marcire qui per l'eternità.» rifletté Skado «Siamo proprio sicuri che non sarebbe meglio andarcene?».
Armeggiando sull'antico oggetto, Jagoren riuscì ad aprirlo.
«Vuoto...» commentò.
«Ecco, visto? Non c'è niente. Andiamo?» incalzò Skado.
Ma Jagoren, dopo aver posato lo scrigno, stava osservando il ciondolo che aveva sfilato dal collo dello scheletro. Con le dita ripulì alla meglio il disco grande quanto una mano. Era di un metallo simile all'onice, ma molto più pesante. Sopra era disegnata una strana effige: un essere serpentiforme alato dalla testa puntuta con le braccia rivolte al cielo e la bocca spalancata.
«Avete notato come il corpo si sia conservato perfettamente, nonostante tutti questi secoli?» commentò Pilgrim.
«Ed avete notato che al tatto, questa cosa è... tiepida?» chiese sensibilmente preoccupato Kherydan.«Io insisto: ANDIAMOCENE!» arrivò ad urlare il morfico.
Ma Jagoren, cocciuto com'era, ignorò gli avvertimenti ed i consigli degli amici. Con il ciondolo su una mano e lo scrigno dall'altra, decise di inserire l'un0 nell'altro.

Appena il ciondolo fu posato, lo scrigno si serrò di scatto.
Jagoren, colto alla sprovvista, tentò di riaprirlo, ma inutilmente.
I suoi occhi e quelli dei compagni erano fissi sullo scheletro.
Per qualche momento sembrò non accadere nulla. Poi il corpo dell'essere sembrò assumere un colore più rossastro e un forte calore sembrava provenire proprio da lì. Le catene che lo sorreggevano divennero rosse come se fossero dentro una forgia, e si fusero, gocciolando a terra.
La testa dell'essere ebbe un piccolo sussulto, e poi si sollevò.
Gli occhi vuoti ed oscuri, si animarono di una piccola luce rossa, sempre più intensa e si fissarono su Jagoren.
Sollevò le braccia e si guardò le mani. Prima palmo e poi dorso. Prima una e poi l'altra.
Poi le strinse a pugno e guardandosi, come stupito, il resto del corpo, sembrò vibrare di una rabbia muta e terribile.
E il suo corpo, con una vampata, s'incendiò.
Ora i suoi terribili occhi erano fissi su Jagoren. Fece un passo. Poi un altro, e dirigendosi verso il giovane Deneith.
Gli amici tentarono di frapporsi tra l'essere fiammeggiante e l'amico, ma il terrore li inchiodò.

Quando fu ad un passo da Jagoren, sovrastandolo con la sua immensità e potere, alzò un braccio e puntò l'indice vibrante della mano destra sulla sua faccia.
Il dito era a pochi centimetri dal volto del giovane, e Jagoren poté percepire con assoluta chiarezza il calore assassino delle fiamme.
E mentre lo puntava, l'essere bisbigliò con voce profonda: «Tu...».

Poi ci fu un lampo accecante. Una luce che investì tutti, costringendoli a coprire gli occhi. Durò pochi istanti e poi scomparve. Portando con se anche l'essere fiammeggiante.

«Ora possiamo tornare», concluse il guerriero con un filo di voce.



Sar, Quattordicesimo giorno di Barrakas
Cronache di Eberron – 998 AR

lunedì 30 giugno 2008

La forgia dei Cannith

La forgia si ergeva innanzi a loro.
Le porte di Mithral erano perfettamente sigillate.

«Proviamo con la mappa.» e Pilgrim avvicinò il simbolo sulla mappa con quelli sulla porta.
Non accadde nulla.
«Facciamo il giro, vediamo se c’è un’altra entrata» suggerì Jagoren.

Mentre ispezionavano il perimetro Pilgrim notò che un grosso masso era crollato, sfondando il tetto.
«Ehi, date un’occhiata qui!» urlò il forgiato, ma quel richiamo allertò anche qualcun altro.
Gli amici accorsero, e con loro anche quattro topi orridi, che li attaccarono famelici.
La battaglia fu cruenta, ma i quattro ebbero la meglio.
«Bestie schifose… ma da dove saltano fuori?» chiese Jagoren.
«Non saprei, ma di sicuro dobbiamo stare attenti. E poi c’è quel brusio…» commentò Kherydan.

Si avvicinarono alla parte di edificio dove si trovava la breccia.
Grazie alle corde riuscirono a scalare la parete ed entrarono.
Accesero le torce per fare luce.
Al loro fianco un enorme masso giaceva da secoli, dal cui fondo si notavano i resti di qualcosa.
Pilgrim si avvicinò e notò che un costrutto delle dimensioni di un grosso cane, rimase schiacciato dall’impatto con la roccia. Dalla sua testa spuntava una verga pentagonale.
«Chissà a cosa…» Pilgrim non fece in tempo a terminare la domanda quando scorse due paia di occhi rossi che si illuminavano.
I tre si strinsero in formazione compatta.
Dall’oscurità della forgia due cani di metallo si fecero avanti minacciosi.
«Difensori di ferro!» avvertì Pilgrim, «Sono a guardia della forgia!».
«Non l’avrei mai detto!» ironizzò Kherydan.
«Cagnacci…» concluse Jagoren.
Lo scontro fu sanguinario.. Riportando diverse ferite, i tre amici ebbero la meglio sui costrutti guardiani.

Dopo un lungo riposo, ispezionarono l’edificio e recuperarono molti oggetti, tra cui uno stocco perfetto, che Pilgrim fece subito suo.
La forgia e la fornace. di dimensioni enormi, sembravano una versione primitiva delle stesse strutture che è possibile trovare in qualsiasi officina o enclave del Casato Cannith.. Mentre ispezionava le pareti, Kherydan notò tre incavi. ricavati a intervalli regolari sulla forgia. Questi mostravano un pentagono. un triangolo e un quadrato.
«Date un’occhiata qua.» chiamo il kalashtar.
«Questi fori sembrano abbastanza profondi, e non sembrano lì per caso…» fece notare Jagoren.
«Diamo un’occhiata in giro» suggerì Pilgrim.
Mentre passava vicino ai resti di un difensore di ferro, Kherydan notò una verga triangolare che spuntava dalla testa del costrutto. La estrasse e la esaminò. Poi recuperò quella quadrata dall’altro difensore e la pentagonale dai resti di quello abbattuto dalla roccia.
«Potrebbero essere delle chiavi», suggerì Kherydan.
«A mio avviso, devono essere inserite secondo una sequenza esatta.» intervenne Pilgrim.
«Secondo me, prima triangolo, poi quadrato e poi pentagono.» azzardò Jagoren.
«Si… ha una sua logica… potrebbe funzionare.» concluse Pilgrim ed infilò la verga triangolare.
Si inserì con uno scatto. Seguirono la quadrata e poi la pentagonale.
Allo scatto dell’ultima, una breve scossa fece vibrare il pavimento. Un meccanismo era entrato in funzione. I tre erano all’erta.
La fornace dinnanzi a loro cominciò a ruotare e una cripta segreta apparve ai loro occhi.
Dalla cripta recuperarono molti preziosi e oggetti utili, ma soprattutto misero le mani su una mappa con numerosi simboli enigmatici annotati accanto a quella che sembra un'antica mappa del territorio che ora è parte della Landa Gemente e del Darguun, e uno strano oggetto a sette punte di adamantio.

«Lo schema dei Cannith!» esclamarono all’unisono.

Sar, Quattordicesimo giorno di Barrakas
Cronache di Eberron – 998 AR

Antiche rovine, nuovi pericoli

«Siamo nel posto giusto. Vediamo che c’è alla fine del tunnel» incalzò Jagoren.
E il gruppo di amici, avanzò lungo il canale di scolo.


Il canale terminava in un bivio.
A sinistra una grata bloccava il passaggio.
A destra il canale precipitava nelle profondità per diversi metri, per andare probabilmente a ricongiungersi con il fiume pugnale.


«E adesso?» chiese Jagoren.
«Adesso cerchiamo la porta.» rispose Kherydan.
«La mappa indica che si trova qui, da qualche parte…» suggerì Pilgrim.
Ed iniziarono ad esaminare le pareti della fognatura.
Dopo diversi minuti, Pilgrim, notò che su un tratto di parete, vicino al baratro, uno stemma appariva in rilievo.
«Ehi! Date un’occhiata qua. Mi ricorda qualcosa…».
Passando le loro mani vicino al simbolo, questo pulsò di un bagliore leggero, svelando un simbolo simile a quello visto sul diario di Bonal.
«È come il simbolo che c’è sul diario!» interruppe Kherydan.
«Già… Peccato non averlo con noi…» commentò freddo Jagoren.
«Questa deve essere la porta di cui parla la mappa. Posso provare ad aprirla.» ed estrasse dal suo zaino una serie di attrezzi da scasso.
Cercarono per diversi minuti di scassinare la porta, poi d’improvviso, si senti un rumore. Come un meccanismo che si innesca. Tre fori davanti a loro si aprirono, e senza dar loro il tempo di reagire, fuoriuscirono getti di una sostanza corrosiva, che li investì in pieno petto.

I tre caddero nel canale di scolo che in parte lenì le loro ferite.
«Una maledetta trappola…» sussurrò Jagoren mentre si risollevava.
«Dobbiamo trovare il modo di superarla. Sono convinto che è qualcosa di simile a quello usato da Lady Elaydren.» suggerì Kherydan.
«L’anello Cannith…» rimuginava Pilgrim «Il simbolo del Diario… Il simbolo sulla porta… Mmm… dov’è che l’ho già visto…? Ah! Ora ricordo!» ed estrasse dalla sua borsa la mappa di Elaydren.
In un angolo presentava lo stesso simbolo in mithral.
Lo avvicinò a quello sulla porta e una serie di ingranaggi iniziarono a muoversi dentro le pareti.
E la porta si aprì.

Davanti a loro un buco di circa 2 metri di diametro si apriva sull’abisso.
Una leggera brezza proveniva dalle profondità.
Jagoren accese una torcia e la lanciò nella voragine. Cadde diversi metri più in basso e sembrò rotolare.
«Dovremmo arrivarci senza problemi. Prepariamo le corde.» ordinò.
Dopo una discesa di una ventina di metri, il condotto, le cui pareti erano composte di terreno umido compresso dal peso della città, iniziava ad inclinarsi ed allargarsi, fino a divenire un vero e proprio corridoio.
Raccolta la torcia, i tre proseguirono.
La spirale li condusse sempre più in basso, nelle antiche viscere della Torre Dorasharn.
Dopo circa cinque ore, i compagni raggiunsero la fine del tunnel.

Davanti a loro un’immensa stanza. Buia.
Percepirono quasi immediatamente il ronzio costante provenire alla loro sinistra.
«Che cosa sarà?» chiese Kherydan
«Non lo so, ma non mi piace. Meglio tenersi su questo lato» indicò Jagoren.
«Si. Meglio.» concluse Pilgrim.
Con la torcia bene alzata entrarono nella stanza. Solo rovine intorno a loro. La volta era immensa. Le pareti erano mescolate alla nuda roccia, come avessero costruito scolpendo la montagna stessa.
Dopo pochi passi che percorsero sul lato destro, il rumore si fece più intenso.
«Sembra un brulicare di insetti.» commentò Pilgrim.
«E sta venendo qui, dannazione!» imprecò Jagoren.
«Questo lì terrà a bada almeno per un pò, spostatevi.» e Kherydan lanciò un bastone fumoso in direzione del ronzio.
Ci fu come uno scatto nel ronzio, che poi si disperse.

Arrivati nei pressi di una costruzione distrutta, Pilgrim spiegò che doveva risalire a millenni fa.
Mentre avanzavano verso nord, incrociarono due orrendi topi dalle dimensioni smisurate che li attaccarono con ferocia.
Jagoren con un guizzo rapidissimo assestò due colpi con una tale potenza, che i corpi corazzati degli orridi animali furono schiantati.
Pilgrim e Kherydan rimasero a bocca aperta.
«Bestiacce…» fu il suo unico commento.

Proseguendo con cautela, raggiunsero una costruzione apparentemente intatta, sovrastata da una cupola di metallo.
Due enormi battenti di mithral, chiudevano l’entrata.
Incisi nel metallo si stagliavano due copie identiche del simbolo rappresentante l’antico stemma dei Cannith: il martello che sovrasta l’incudine.
«La Forgia Dimenticata, finalmente.» commentò Pilgrim.
Far, Tredicesimo giorno di Barrakas
Cronache di Eberron – 998 AR

Uno scontro nella melma

I tre seguirono le svolte del vicolo fino a quando il terreno sotto di loro divenne umido e scivoloso.
Davanti a loro una stretta scalinata che scendeva, li avvicinava al rumore nitido dello scolo fognario. Qualche impronta tradiva il passaggio di qualcuno prima di loro.

«Dovremmo esserci.» intervenne Kherydan
«Sempre che quel lurido goblin non ci abbia venduto...» intervenne Jagoren sprezzante, «Non voglio correre pericoli inutili.» e sbriciolò parte di una razione presa dal suo zaino, sui gradini dietro di loro, «Se qualcuno cercherà di coglierci alle spalle, lo sentiremo arrivare.»

Il pianerottolo alla fine della scala, era in parte ostruito da massi e detriti provenienti dal crollo della parete alla loro sinistra. Anche l’ultimo tratto di scale che li separava dall’ormai visibile fiumiciattolo di melma, era ostacolato. Poteva passare una persona per volta.

«Non mi piace.» sussurrò Jagoren, «Pil, tu che sei più alto, riesci a dare un’occhiata?»
Pilgrim mentre si sporgeva di un passo, sussurrò «Vedo qualcosa…, anzi no! Qualcuno! È accovacciato dietro un masso.»
«Lasciate fare a me.» e Kherydan congiunse le mani chiudendo gli occhi, come fosse in meditazione. Facendo ricorso ai suoi poteri mentali, entrò in contatto con la mente dell’individuo e gli intimò di uscire allo scoperto.
In risposta quello si alzò di scatto, puntò una balestra contro Pilgrim e scoccò un quadrello che colpì il forgiato in pieno petto.
Poi si diede alla fuga, scappando lungo il canale di scolo.

I due si strinsero attorno all’amico ferito.
«Era un forgiato.» disse Pilgrim mentre si strappava furioso il quadrello, «Non vi preoccupate, sto benissimo. Non sarà certo un dardo a disattivarmi!» e appoggiò una mano sulla ferita. Un alone magico si sprigionò dal palmo della sua mano, riparando istantaneamente il danno. «Che vi avevo detto?».
«Bene. Ma copritemi le spalle. Ho proprio voglia di sistemare quel vile.» sbottò Jagoren mentre scendeva in testa alla fila.
«Vedi di non fare troppo lo spavaldo.» gli lanciò in risposta Kherydan.

Si immersero fino al polpaccio nel limo viscido e puzzolente della canaletta.
Alla loro destra, una massiccia grata chiudeva il passaggio.
Alla loro sinistra si stendeva un lungo tunnel illuminato da deboli raggi di luce provenienti da fessure sul soffitto.
Alla fine del tunnel si vedevano distintamente tre figure: il forgiato e due morfici,. Tutti armati.
«Quello è quello che si è defilato mentre eravamo al Mercato del Topo.» fece notare il kalashtar.
Alla loro vista, i tre nemici si gettarono loro incontro, urlando e roteando le armi.

«Questi non sanno a cosa vanno incontro.» sussurrò Jagoren mentre caricava rabbiosamente la sua balestra leggera.
I tre compagni bersagliarono i nemici di frecce e quadrelli.
Un morfico fu colpito all’addome da una freccia di Kherydan e cadde nella fanghiglia.
Non fecero in tempo ad esultare, in quanto alle loro spalle improvvisamente irruppe un’onda di melma che li fece scivolare e li trascinò diversi metri più avanti.
Vedendola arrivare, i nemici balzarono sui marciapiedi ai lati e appena l’onda si esaurì, rendendo vulnerabili i compagni, con un balzo si lanciarono su di loro.
«Per il mio Signore!!!» urlò il forgiato, mentre calava la sua daga su Jagoren.
Questi, non si fece trovare impreparato. Invocò il potere del Marchio della Sentinella, e un campo di forza lo avvolse, proteggendolo dal doppio attacco dei nemici.
Lo scontro fu trucido.
E dalle valvole sopra di loro, scarichi di liquami scendevano con potenti getti, rendendo difficili le manovre di schermaglia.
Ma alla fine il gruppo ebbe la meglio.
I due morfici furono fatti a pezzi dalla furia di Jagoren, mentre il forgiato cadde sotto i colpi di Kherydan e i quadrelli di Pilgrim.
Prima di disattivarsi, volse lo sguardo verso Pilgrim e lo invitò ad avvicinarsi.
Il forgiato si piegò avvicinando l’orecchio al volto del nemico: «Sei uno sporco traditore… Sei divenuto come loro… Sei un essere inferiore…!» sussurrò mentre moriva, «Muoio in grazia, per aver servito il Signore… Saber… ti chiedo perdono…» e si spense.
Il suo petto si aprì e un messaggero finale volò via.
Seguì un interdetto silenzio, fino a quando Kherydan chiese:
«Ma chi sono questi forgiati?»

La sua domanda si spense nell’aria fetida del canale di scolo.

Far, Tredicesimo giorno di Barrakas
Cronache di Eberron – 998 AR

Attraversando Sharn

La città delle torri, è un agglomerato urbano straordinario, potremmo dire unico in tutto il Khorvaire... anzi, in tutto Eberron.
Molta degli eroi della storia del Breland e del Regno di Galifar, calpestarono le sue passerelle. Molti degli avventurieri le cui gesta riempiono i libri, salparono dai suoi porti, alla volta delle sconosciute lande di Xen'Drik.
Sharn, ha molto da offrire a chi intende addentrarsi fra le sue torri.
Ma Sharn, è conosciuta anche come la Città degli Inganni, e spesso si rivelano mortali.


I compagni si riunirono come di consueto alla Fossa.
Dopo una mattina dedicata al riposo, trascorsero il resto del giorno per decidere il da farsi.
Studiarono la mappa di Lady Elaydren e ascoltarono il racconto di Jagoren.


Attesero il ritorno di Skado, tutta la notte fino all'alba seguente , ma del ranger morfico, nemmeno l'ombra.

Dopo una breve consulta, decisero di partire ugualmente alla volta della Torre Dorasharn, lasciando una lettera per Skado a Lulshen, che indicava la loro destinazione e una copia semplificata della mappa.

Seguendo le indicazioni della carta di Lady Elaydren, attraversarono i quartieri di Altopiano intermedio ed entrarono nel distretto di Murogrigio nella zona est della città.


Da lì discesero, fino a raggiungere le immense fondamenta della Torre Dorasharn, su cui oggi sorgono parte dei quartieri Alte Mura e Ingranaggi Alti.

Scendendo di molti livelli, Jagoren, Pilgrim e Kherydan, si resero conto di come fosse veritiero il proverbio: "Dalla Volta del Cielo agli Ingranaggi", che significa dalla ricchezza alla povertà.


Quando giunsero alla base della torre, mentre lo scorrere lento degli scali fognari si udiva chiaramente, si resero conto che il tragitto mappato non aveva più corrispondenza con le strade loro innanzi.
Non c'era anima viva, e la via terminava in un trivio. Probabilmente quella parte della città fu modificata, e la mappa era troppo antica per contemplare queste varianti.

Mentre si avvicinavano udirono qualche voce provenire da un vicolo.

L'imboccarono e finirono in una piccola piazzetta. Su un angolo, un cencioso goblin, faceva mostra della sua mercanzia ad un gruppo di persone di evidente basso ceto sociale.

«Prego! Venite signori! Skakan vi dà il benvenuto!» incitava il goblin, «Occasioni di ogni genere! Merce di straordinaria qualità qui, al Mercato del Topo!»

Tra questi, Kherydan, scorse un morfico che li fissava.
Sembrava fuori luogo, vista la cotta di maglia che indossava e la spada corta ben in vista.


Jagoren fece per avvicinarsi, seguito dai compagni.

Le persone che facevano capannello, si aprirono e il goblin si fece subito avanti, proponendo la propria mercanzia. Roba inutile ed in pessime condizioni. Cose che probabilmente recuperò dalle fogne lì accanto.

Guardandosi di nuovo attorno, Kherydan notò il morfico defilarsi rapidamente nel proseguo del vicolo alla fine della piazzetta.

«Prego nobili signori, notate la fantastica qualità della mia merce.» incitò Skakan «Un splendido sigillo di cera quasi nuovo, per sole 39 monete di bronzo! Un pugnale dall'elsa antichissima per sole 149 monete di bronzo! Ehm... Mmm... AH! Vi prego di stupirvi per questa splendida coperta, dai delicati colori e con solo un leggero alone di sangue rappreso, a 19 monete di bronzo! Un'occasione da non perdere!».
Jagoren si fece avanti troneggiando sul mercante e mettendo mano al pomolo della sua mazza: «Tu, inutile scarto della società. Non mi interessa la tua lurida immondizia.» esordì il guerriero, «L'unica cosa che voglio da te, è un'informazione.»

Gli altri cittadini, visto l'atteggiamento e l'armamento della compagnia, si dileguarono rapidamente, lasciando Skakan al suo destino.

Il goblin, fissando terrorizzato Jagoren, rise nervosamente, poi suggerì un accordo: «Beh, mio signore, potremmo dire che questa informazione ha un certo... ehm... valore per te, giusto? Che ne diresti di fare un'offerta...?»
«Certo!» esplose sarcastico Jagoren, «Diciamo che tu mi dici dove si trova il nodo E-213, e io ti concedo... mmm... vediamo... Ah! Ecco. Ti concedo di vivere! Che ne dici, schifoso?»
Il goblin rimase interdetto. Poi, notando che la presa sulla mazza di Jagoren si faceva più stretta, indicò con un dito il vicolo.
«Aspetta.» intervenne Kherydan, «Ho notato qualcuno di sospetto infilarsi in quel vicolo. Potrebbe essere una trappola.»
Con un passo il guerriero sovrastò il piccolo goblin, che si buttò a terra per la paura, mugolando che il nodo si trovava lì ed implorando disperatamente pietà.

«Sembra sincero» affermò Pilgrim.
«Forse è un caso che quel morfico sia andato di lì. E poi lì il rumore dell'acqua è più forte.» confermò Kherydan.
«E allora andiamo!» decise Jagoren, imboccando il vicolo seguito poi dagli altri.

Voltandosi, un'ultima volta, Kherydan incrociò lo sguardo di Skakan, che li fissava ancora mentre si appoggiava alla parete per risollevarsi.


I suoi occhi erano carichi d'odio e risentimento.

Far, Tredicesimo giorno di Barrakas
Cronache di Eberron – 998 AR

giovedì 26 giugno 2008

Nel frattempo...

Jagoren imboccò il vicolo e si diresse verso il Museo Dezina delle Antichità.

Non aveva propriamente ricevuto un invito.
Il vero motivo per cui era richiesta la sua presenza all'inaugurazione, era per svolgere un incarico imposto dal suo casato: i Deneith.

Bisogna ricordare che gli ir'Tain, poco più di un anno fa, finanziarono una spedizione di archeologi di Morgrave a Xen'Drik. In particolare, Celyria ir'Tain, matriarca della più potente famiglia di Sharn, desiderava ardentemente donare alla città e all'università, un prestigioso tesoro.
E fu così che i tredici più stimati archeologi di Sharn, la notte del 10 di Lharvion del 997 salparono alla volta di Capo Tempesta, capitanando una spedizione composta da quasi cento uomini.

Purtroppo la spedizione non fu delle più fortunate.

La prima sventura si verificò, dopo solo un paio di settimane dall’attracco a Capo Tempesta, mentre erano accampati nel fitto della giungla. In quella notte avvolta da una strana nebbia, furono attaccati da un gruppo di selvaggi. Alla fine dell'incursione, sul suolo dell'accampamento nove membri della spedizione giacevano morti e il ricercatore più anziano, risultò disperso.

Da quel momento, la spedizione fu tormentata da innumerevoli eventi nefasti, ma alla fine riuscì a completare la missione. Rientrarono a Sharn con un tesoro magnifico: una serie di manufatti risalenti ad antichissime civiltà, oramai scomparse.

I più importanti ritrovamenti furono: una maestosa statua di cristallo e pietra rappresentante un guerriero gigante (o un re, visto la corona che gli cingeva il capo) eretta sulle proprie gambe e con il volto rivolto al cielo tenendo le mani appoggiate ai fianchi; vari dischi di pietra riportanti misteriose incisioni e segni; un grande scorpione fatto di un materiale metallico sconosciuto; e un sarcofago d'oro massiccio tempestato di pietre preziose il cui lato superiore risulta costituito da una lastra di materiale vetroso scuro, che ne occulta il contenuto.

Per questa notte è prevista l'esposizione in anteprima di questi splendidi oggetti nella sala principale del Museo Dezina. Ovviamente tutte le cariche politiche e sociali più importanti di Sharn, saranno presenti.

Motivo per cui Lalia e Tasra d'Deneith, al servizio di Lord Sadran capo del casato a Sharn, contattarono quel pomeriggio Jagoren, affidandogli il compito di proteggere lo gnomo Laren Basken, uno degli archeologi rientrati da Xen'Drik, che sembra essere in pericolo di vita. In verità Laren non sembra essere l'unico a sentirsi minacciato. Questa strana mania di persecuzione sembra aver colpito tutti i sopravvissuti della spedizione.

Erano da poco passate le undici, quando Jagoren incontrò il suo superiore.
Lalia, che come sempre, risultò crudele, al limite dell'offensivo, lo incalzò: «Finalmente sei arrivato, buckler.» dispregiativo usato nella gilda, per sbeffeggiare un individuo di basso rango. «Vedi di tenere alto il nome dei Deneith, stanotte. Ricorda che non esiterò a far rapporto a Lord Sadran, se così non fosse. E tu ben sai, che la mediocrità non è contemplata tra i Difensori.»
Stringendo i pugni per la rabbia, Jagoren annuì sfidando lo sguardo terribile di Lalia.
«A quel tavolo, noterai uno gnomo seduto con abiti cenciosi quanto i tuoi. Quello è il protetto.» continuò tagliente: «Non fallire, buckler.» e si allontanò facendo roteare superbamente il mantello.
Jagoren la fissava con odio mentre si allontanava, poi d'improvviso, dopo pochi passi, Lalia si arrestò: «Rispetto, buckler!» urlò rimanendo voltata, «Non mi provocare...»
Jagoren colto di sorpresa da quelle affermazioni, e sentendosi stranamente a disagio, distolse lo sguardo ed entrò nella sala da pranzo del Museo.

Trovò quasi subito lo gnomo Laren Basken.
Seduto in disparte con la testa china, sfregandosi nervosamente le mani, appariva sciupato, quasi fosse denutrito.
Jagoren, da buon Kharnnathi si presentò e sviolinò l'elenco dei suoi doveri e dalle garanzie verso il cliente, come indicato dall'addestramento della Gilda dei Difensori.
Un rassegnato cenno col capo di Laren, confermarono l'accettazione delle condizioni contrattuali, e Jagoren si posizionò alle sue spalle, come un'ombra.

Erano presenti tutte le autorità: dal Lord Sindaco a Lady ir'Tain, dai membri del consiglio cittadino ai rappresentanti di molte famiglie influenti di Sharn.
Una ricca cena fu servita, ma il cliente di Jagoren non mangiò nulla.
Gli intrattenitori del casato Phiarlan animarono la cerimonia di inaugurazione con una ricostruzione teatrale della storia della città, con particolare enfasi al grande contributo della famiglia ir'Tain nei secoli e soprattutto durante l'Ultima Guerra, concludendo con il loro dono alla città, ottenuto con l’insidiosa spedizione a Xen'Drik.
E con un balzo acrobatico di un elfo, furono aperti i sipari che nascondevano la grande sala della mostra.

Lo spettacolo fu incredibile.

Una statua di un gigante dominava la stanza; uno scorpione metallico grande quanto un toro riluceva minaccioso; un sarcofago d’oro era al centro della stanza eretto nella sua bellezza.
Poi ovunque teche di vetro contenenti reperti straordinari.

Sul palco alle spalle della sala, prese la parola il Lord Sindaco che ringraziò mellifluamente la matriarca Celyria ir’Tain dello splendido tesoro donato alla comunità di Sharn. Su invito, prese la parola Celyria stessa, che modestamente diede tutti i meriti ai coraggiosi membri della spedizione, invitando il rappresentante lì presente a fare un breve resoconto dell’avventuroso viaggio a Xen’Drik.

Titubante Laren si avvicinò al palco, seguito come un’ombra da Jagoren che tutto osservava, al fine di cogliere anche il più piccolo movimento sospetto.
Salito sul palco, con tutti gli occhi puntanti addosso, lo gnomo tremando letteralmente iniziò: «Eravamo… impauriti… Eravamo… stanchi… La giungla lo nascondeva… ma noi l’abbiamo trovato… Non dovevamo! L’abbiamo portato via… Non dovevamo! Ed ora è qui… Qui… Cosa abbiamo fatto…? Cos…ARGH!!!» e stringedosi la mano al petto iniziò a rantolare. Il viso si rigò di vene color pece e il respiro si fece affannoso, mentre si accasciava al suolo.
Veleno!
Jagoren si gettò su di lui e impedì che rovinasse a terra.
«Ma com’è possibile?» sussurrò con un filo di voce Jagoren, mentre gli sosteneva la testa «non ha toccato cibo, ne acqua…»
Fu il panico.
Molti fuggirono fuori dal museo, mentre le guardie cittadine d’istanza in sala e alcuni invitati si accostarono ai due per prestare soccorso.
«Siamo maledetti… maledetti… mal….» e le parole gli si spensero in gola insieme al suo ultimo alito di vita.

Seguì il caos.
Le nobildonne urlarono, Jagoren fu sollevato di peso dalle guardie cittadine e trascinato via, mentre un chierico della Schiera Sovrana e un Halfling del casato Jorasco, tentavano disperatamente di rianimare Laren Basken.
Mentre veniva portato fuori dalle guardie, un uomo distinto si parò davanti al drappello: «Dove lo state conducendo, guardie?»
«Alla cittadella, signore» rispose un soldato, «Lo interrogheremo per accertamenti, in quanto sospettato principale.»
«Per i venti della Volta del Cielo!» esplose, «Ma vi siete accorti che un membro dei Difensori la cui vittima era il suo cliente? Se avesse fatto una cosa del genere, si sarebbe condannato a morte da solo, come da contratto della Gilda! Come potete essere tanto sciocchi da accusarlo?»
«Ma… veramente, noi non credevamo…»
«Lasciatelo andare. E dove diamine è il vostro sergente?»
«È stato richiesto l’intervento del sergente Dolom per risolvere un problema nei pressi di Guglia Kelsa, signore» si giustificò la guardia rilasciando Jagoren.
«Pensate a raccogliere prove ed indizi, invece di trarre conclusioni affrettate, che potrebbero ledere il buon nome di un cittadino!» concluse duro il nobile.

Una volta che le guardie si furono allontanate, il nobiluomo si presentò a Jagoren come Sorik Sensos.
Jagoren lo ringraziò, ma il nobiluomo con freddezza ribadì: «Questo è per saldare il debito del mio parente con il mezzelfo per il quale lavori. Io rimetterò il tuo debito, se tu lo rimetterai a Lulshen. Parlerò direttamente con il tuo Lord Comandante. Testimonierò i fatti, ribadendo la tua estraneità con l’accaduto e l’impossibilità di evitare che ciò avvenisse. Buona notte, giovane Deneith.» e uscì.
Jagoren ebbe giusto il tempo di realizzare e far buon viso a cattivo gioco.

Si avvicinò al gruppo di persone che circondavano il corpo esanime dello gnomo.
Si inginocchiò a fissare il volto stravolto della vittima, cercando di capire quale veleno lo avesse ucciso.
Poi, d’improvviso, la salma fu scossa da un forte fremito.
Il chierico fece un balzo, che lo fece cadere giù dal palco.
L’addome della vittima sembrava muoversi, come se avesse qualcosa al suo interno. La bocca del povero Laren si aprì e uno sciame di scorpioni neri ne fuori uscì, spargendosi per la stanza.
I pochi curiosi rimasti, si diedero alla fuga.
Jagoren si portò all’uscita, ma voltandosi notò che lo sciame si era fermato assumendo una strana conformazione, simile ad una punta di lancia o un artiglio.
Con un fremito che scosse l’intero sciame, di colpo gli scorpioni si trasformarono in polvere.

Turbato e scosso per l’accaduto, timoroso delle possibili reazioni dei suoi superiori al suo fallimento, si gettò nella notte piovosa, in direzione della Fossa.

Lulshen doveva sapere, che il debito di Sensos era da considerarsi saldato.

Wir, Undicesimo giorno di Barrakas
Cronache di Eberron – 998 AR

mercoledì 25 giugno 2008

Template bug corretto

Finalmente ho risolto il problemino di visualizzazione del header del blog!!!
(Per chi non se ne fosse accorto, l'elsa della spada risultava disallineata rispetto al resto della lama)

Ora dovrebbe essere tutto OK.

Si accettano suggerimenti e proposte (grafica, contenuti, ecc.).

martedì 24 giugno 2008

Il mistero si infittisce

Furono raggiunti da un gruppo di tre guardie cittadine, che subito intimarono loro di lasciare a terra le armi, puntando minacciosamente le loro alabarde.

«Fatemi passare! Fatemi passare!» urlò una voce dietro il drappello.
Le guardie umane, si aprirono e si presentò loro davanti un nano tarchiato e calvo, vestito con i classici verde e nero della guardia cittadina di Sharn.
«Per il naso sanguinante di Ollandra! Cos'è successo?» intimò il nano: «e non osate mentire!»
Si fece avanti Kherydan, e con schiettezza raccontò i fatti, omettendo però di menzionare il libretto.
Il nano ascoltò il racconto, fissandoli intensamente.
Poi ispezionò la scena del crimine, controllò i documenti del morto e contò le monete dentro la sacca.
«Bonal Geldem» commentò il nano, ordinando il riposo alle guardie: «Prevosto e studioso dell'Università di Morgrave. Avvertiremo i familiari e l'istituto.»
Poi fissando i tre compagni: «Venite con noi. Avete bisogno di cure.»

Al posto di guardia i tre approfondirono la conoscenza del Sergente Dolom, un nano duro ma giusto, che cerca di mantenere l'ordine nel suo distaccamento.
I tre compagni furono curanti da un halfling del casato Jorasco, chiamato e pagato da Dolom in persona. Mentre erano alla stazione di guardia, un messaggio fu recapitato loro, inviato da Lulshen, che specificava di aver raggiunto un accordo con la famiglia Sensos, pertanto i loro servigi non erano più richiesti. Tipico di Lulshen.
Anche se palesò simpatia per quei tre, Dolom si raccomandò che non prendessero più iniziative personali di quel tipo, e li congedò.

Mentre ripassavano nei pressi di Guglia Kelsa, molto vicino al luogo dell'assassinio, una figura incappucciata si parò loro innanzi facendo mostra di un anello.
«Il casato Cannith.» avvertì Pilgrim riconoscendo il simbolo inciso sull'anello.
«Se volete la verità sulla morte di Geldem, fatevi trovare all'Incudine Infranta all'alba, nella Torre Mason.» sussurrò la voce femminile prima di allontanarsi e sparire nei vicoli del distretto.
«Sembra proprio che i guai non riescano a stare lontani da noi troppo a lungo...» commentò sarcastico Kherydan.
«Io ci vado!» esclamò Skado.
«Come sempre, sono con te» continuò Pilgrim.
«Non mi pare di aver altra scelta...» concluse Kherydan.

Con passo svelto, raggiunsero in un paio d'ore la locanda gestita dagli halfling Ghallanda.
Ordinarono qualcosa da bere e si accomodarono.
Kherydan estrasse il libretto ed iniziò ad esaminarlo: di pelle nera, con solo un simbolo inciso in Mithral raffigurante un martello che sovrasta un'incudine inseriti in un cerchio. Le pagine non sembrano essere fatte di carta o pelle, ma la cosa più strana, è che sono tutte bianche. Nemmeno un foglio scritto.
Il riedrano avvicinò una pagina alla fiamma della candela, per verificare se in trasparenza, qualcosa fosse leggibile. Nulla.
Per curiosità, tentò di bruciare un angolo di un foglio, ma questo si dimostrò resistente alla fiamma.

«Mi sono stancato di aspettare. Vado a raccogliere un po' di informazioni» sbottò Skado spazientito.
Proprio mentre Skado si alzava dalla seggiola, la porta della locanda si aprì e un raggio del sole nascente passò, illuminando il tavolo degli avventurieri. Una snella figura si delineava in controluce.
Le vesti blu raffinate frusciavano dolcemente mentre si avvicinava al loro tavolo.
I lineamenti dolci del suo volto, i capelli corvini in contrasto con i lucenti occhi azzurri, facevano apparire questa donna, bellissima.
Si parò diritta di fronte a Kherydan e a lato di Pilgrim, e attese.
Dopo qualche attimo di imbarazzo, il riedrano si alzò di scatto e un po' goffamente propose: «La prego di accomodarsi, mia signora.»
«A quanto pare, c'è ancora chi rispetta il codice di cortesia» rispose, sedendosi.
«Mi chiamo Elaydren d'Vown» ponendo in vista l'anello del casato: «Immagino siate affamati e assetati. Ordinate tutto ciò che volete, offrirò io. Mentre vi rinfrancate vi parlerò del motivo per cui vi ho convocati.»
Alcune pietanze furono servite insieme a della buona birra.
«A nome del casato Cannith, vi ringrazio di essere venuti.», introdusse: «Il prevosto Bonal Geldem ed io stavamo lavorando per recuperare un antico cimelio della mia famiglia. Ci saremmo dovuti incontrare, questa notte, ma come sapete, non si è mai presentato.»
La donna continua a parlare: «Questo cimelio, stando alle antiche leggende, sarebbe rinchiuso in un'antica fonderia nelle profonidità di Sharn. Un luogo che esiste da ancor prima del Regno di Galifar. Il povero Bonal era certo di aver trovato l'esatta ubicazione della fonderia, riportata in un vecchio diario del casato.»
Si prese una pausa: «Che adesso avete qui con voi.»

Scese un teso silenzio.
«Cosa ti fa credere, mia signora, che possediamo tale oggetto?» chiese Kherydan rompendo il silenzio.
Uno splendido sorriso rassicurante riempì il volto di lady Elaydren, «Non difenderti, giovane amico. Non ti sto accusando. Il fatto che il diario del mio casato, sia qui, ad una distanza massima di tre metri da me, è inconfutabile.», allungò la mano destra verso Kherydan.
L'anello emanò una fioca aura magica.
«Per deduzione, ho immaginato fosse entrato in vostro possesso. Vi prego di restituirmelo, anche perché non riesco ad immaginare un utilizzo intelligente, di un libretto di sole pagine bianche.»

I tre si scambiarono un'occhiata, ed infine Kherydan porse il libro alla nobile.
Al contatto con la mano della donna, l'anello e il simbolo di mithral, iniziarono a splendere all'unisono.
«Grazie. Avete fatto la cosa giusta.» ed iniziò a sfogliarlo. Le pagine bianche iniziarono a riempirsi di sottili disegni e scritte. Trovata una pagina specifica, Elaydren la esaminò per un istante, poi chiuse il diario ed estrasse una mappa che teneva avvola nel sul mantello.
«L'ubicazione della fonderia perduta, si trova nelle profondità di Torre Dorasharn.» spiegò lady Elaydren: «57 livelli al di sotto dell'attuale livello fognario. Vi offro mille monete d'oro e il patrocinio del casato Cannith, se riuscirete a recuperare il cimelio e a riportarmelo. Mi aiuterete?»

«Beh, veramente...» iniziò Kherydan.
«Ecco a voi un anticipo di cento monete oro» e un borsello pieno di monete fece la sua comparsa al centro del tavolo.
«Lulshen ci ha scaricati.» fece notare Pilgrim.
«E poi, sembra divertente!» ammise Skado.
«Mmm... d'accordo.,» si arrese Kherydan.
«Abbiamo stretto un patto, dunque.» concluse la donna: «La reliquia che cerchiamo è una placca di adamantio della dimensione di una mano, e ha la forma di una stella a sette punte. Di per se non ha alcun potere in particolare, ma è uno schema: un frammento di un antico progetto usato dagli antichi patriarchi del mio casato per forgiare oggetti insoliti. Recuperatelo e i Cannith dell'Aundair ve ne saranno eternamente grati.»

Kherydan era dubbioso: «Perché non ti fai aiutare dal tuo casato, mia signora? Non sarebbero più adatte persone di vostra fiducia, per questo compito delicato?»
«Mio carissimo amico», rispose la nobile: «Devi sapere che la famiglia Cannith, sta affrontando una grave crisi. Potremmo definirlo uno scisma. Una guerra intestina che sta spezzando in tre il casato. I lord Cannith dell'Aundair, che io rappresento, sono certi della presenza di spie qui a Sharn. Se ci muovessimo direttamente, verremmo di certo scoperti. Abbiamo bisogno di un lavoro fatto con discrezione e senza legami confermabili con il mio ramo della famiglia.»

«Ma come raggiungiamo queste profondità? E cosa troveremo lì sotto?» insistette Kherydan
«Questa mappa indica il percorso che dovrete seguire per giungere alle fognature di Dorasharn.» disse indicando la mappa sottostante: «Da qualche parte, oltre il nodo E-213, troverete lo stesso simbolo del diario di Bonal. Oltre il sigillo, seguite la via per i livelli dimenticati sottostanti, fino a raggiungere la fonderia.»
«Che cosa vi aspetti laggiù non lo immagino, ma Bonal, mentre preparavamo la spedizione, insisteva sul fatto di portare del fuoco. Chissà cos'avrà voluto dire...?»



Detto questo la donna si girò di scatto verso la porta della locanda, come se avesse visto qualcosa o qualcuno.
«Bene amici. Spero di incontrarvi presto, e con lo schema recuperato.» e alzandosi frettolosamente, congedò i tre compagni e lasciò l'Incudine Infranta.

«Io vi raggiungerò più tardi.» esordì improvvisamente Skado: «C'è qualcosa che non mi convince in questa storia.» e imboccò l'uscita.

«E adesso?» chiese Pilgrim
«Andiamo alla Fossa a riposare e aspettiamo.» rispose Kherydan
«Senza Skado e Jagoren, non ci muoviamo. Il gruppo deve riunirsi.»

Wir, Undicesimo giorno di Barrakas
Cronache di Eberron – 998 AR

La prima battaglia

Di struttura più longilinea e con lineamenti vagamente femminili, il nemico li scrutava impassibile.
Il suo sguardo cadde infine sulla sacca che il morfico teneva ancora stretta in mano.
All'improvviso, con un balzo si lanciò su Skado.
Con una schivata laterale, il ranger evitò l'impatto con l'ascia nemica, andando ad affiancarsi a Pilgrim.
Kherydan si era già affiancato agli amici, anche se dolorante.
Con un movimento brusco, la forgiata aprì il mantello, per favorire i movimenti.
Roteando l'ascia e urlando di rabbia si scagliò nuovamente contro il gruppo.
Con una parata prodigiosa, il riedrano frappose la sua lama ai compagni e con una spinta, respinse l'assalto della forgiata.

Gli occhi di Pilgrim e del nemico si incontrarono, e per un istante lei sembrò esitare.

Con uno scatto, Skado tentò l'affondo con la sua daga, ma fallì.
Mentre dava le spalle, Kherydan tentò di colpirla con un fendente, ma con una schivata, riuscì ad evitarlo.
Poi la vibrazione di una corda tesa, seguita da un tonfo secco, la fece urlare ed inginocchiare.
Guardandosi il fianco, l'assassina si rese conto di essere stata trafitta da un quadrello.
Pilgrim stava già ricaricando.
Non badando più alla ferita, urlando contro il cielo tutta la sua cieca ira, la forgiata si scagliò contro Skado.
Con una potenza incredibile, sferrò un colpo micidiale che stavolta colpì il morifico alla gamba sinistra. Fortunatamente grazie alla sua agilità di ranger, la ferita risultò non grave.
E si presentò l'opportunità: la guardia dell'assassina era sbilanciata, e con un affondo pesante Skado la pugnalò in pieno petto, ferendola gravemente.
Con un calcio, Skado fu scaraventato qualche metro più in là.
Voltandosi si trovò di fronte Kherydan. Con un muggito lo caricò, ma un altro quadrello di Pilgrim la colpì sulla spalla sinistra, creando l'occasione perfetta per l'ardente riedrano.
Abbassandosi leggermente, sferrando un affondo dal basso verso l'alto, Kherydan trapassò l'addome della nemica, facendo fuoriuscire la lama all'altezza delle spalle.

Con un tremito l'assassina si inginocchiò.
Poi si accasciò con la faccia rivolta al cielo.
I suoi occhi rossi, si spensero.

«Maledizione. Siamo capitati nel posto sbagliato, al momento sbagliato. Ci avrebbe uccisi.» disse Kherydan estraendo la lama dal corpo della nemica abbattuta.
«Già.» commentò Skado «Ci teneva proprio a non lasciare testimoni»
«Fatemi dare un'occhiata» intervenne Pilgrim, e si inginocchiò sul corpo della forgiata.
Un leggero brivido innaturale, le animava il petto.
Pilgrim, scostò leggermente il mantello e di scatto si aprì una fessura da cui schizzò fuori un piccolissimo oggetto volante, che sparì nella notte.
«Un messaggero finale» osservò l'artefice: «qualcuno verrà informato del suo fallimento.»

«Guardate là» intervenne Skado indicando un gruppo di guardie cittadine che stavano accorrendo.
«Direi puntuali.» commentò sarcastico Kherydan.
«Si. Puntualmente a lavoro finito.» continuò il ranger.
«E di che ti meravigli? Siamo a Sharn.» concluse l'artefice forgiato.

Zol, Decimo giorno di Barrakas
Cronache di Eberron – 998 AR

lunedì 23 giugno 2008

Quattro destini

Anche quella sera, la pioggia sendeva incessante, e come un velo sottile, sfocava i contorni delle svettanti torri di Sharn.
Come ordinato dal mezzelfo Lulshen, i quattro si stavano recando al distretto delle Torri di Mithral, per fare due chiacchiere col nobile Rowest Sensos, un parente dell'influente politico Sorik Sensos, per scoprire perché da qualche tempo, non si facesse più vedere alla "Fossa".

Lulshen era solito ribadirlo ad ogni occasione: i debiti di gioco, vanno onorati. Sempre.
Pilgrim, Jagoren, Kherydan e Skado sono quelle conseguenze, che si manifestano, quando non si rispetta questa semplice regola.

«Cerchiamo di fare in fretta, perché non sopporto questa pioggia.», lamentò Pilgrim.
«Dobbiamo arrivare al ponte di Guglia Kelsa, e poi proseguire diritti», precisò Skado.

Pilgrim, forgiato emerso dalle Forge di Creazione dei Cannith di Sharn, durante il conflitto fu spedito a proteggere i confini Brelandiani contro gli eserciti del Karrnath e del Cyre. Al termine della guerra, trovandosi all'improvviso libero e senza ordini da eseguire, rientrò a Sharn. Dimostrò di essere più sofisticato, rispetto ai suoi fratelli costrutti, pertanto si dedicò agli studi di artimagia, dimostrando un certo talento per la professione di artefice. Dallo spirito indipendente e animato dal desiderio di vedere il mondo, intraprese un viaggio attraverso il Breland. Vagò per la regione conoscendo persone e ampliando il suo bagaglio culturale, fino a giungere ai confini nord dove si stendono le Terre dell'Eldeen. Lì incontrò Skado, un morfico PassoLungo, particolarmente socievole e dotato di spirito d'avventura. Fu proprio lui a battezzarlo Pilgrim, pellegrino.

«Di che ti lamenti amico? I fulmini stasera sono davvero fantastici ed in fondo la pioggia è una cosa naturale.», replicò Kherydan «Ma tu, riesci a comprendere la potenza e la bellezza della natura, forgiato?»
«E' solo un costrutto senziente, non puoi aspettarti nulla di più di quel che ti darebbe un omuncolo.», rispose sprezzante Jagoren. E senza dare il tempo a Pilgrim di replicare, aggiunse: «Beh, io vado al Museo Dezina. Sono stato invitato, come rappresentante del mio casato, ad una mostra di archeologi di Morgrave di ritorno da Xen'Drik. Ci vediamo dopo.» e si allontanò senza voltarsi.
Il morfico rimase perplesso e mormorò: «Ma chi si crede di essere?»

Skado, ranger delle Terre dell'Eldeen, lo si definirebbe un tipo amichevole e generalmente di buon umore. Del suo passato non parla mai, non ama la violenza gratuita, e non uccide a meno che non sia strettamente necessario; ma la sua peculiarità più spiccata è la curiosità, e spesso per questa, si è cacciato nei guai. Si distingue nel combattimento corpo a corpo, ma diventa micidiale se imbraccia il suo arco lungo. Per farla breve, un ranger morfico dell'Eldeen.
Opposto, per così dire, a Jagoren.
Skado e Pilgrim nel loro girovagare, mentre visitavano la città di Starilaskur, fecero la conoscenza del nobile Jagoren d'Deneith, della Gilda dei Difensori. L'incontro non fu dei più cordiali, visto che Jagoren aveva indenzione di ucciderli perché convinto che fossero due sicari, inviati ad uccidere il suo cliente. Risolto l'equivoco, Jagoren si incuriosì ai racconti dei due vagabondi e di punto in bianco decise che per meglio servire il casato (e le sue sfrenate ambizioni), avrebbe dovuto fare esperienza come avventuriero. Si unì così ai due e puntarono verso sud, seguendo la strada mercantile.

«Il solito sbruffone...» rispose Kherydan e, sistemandosi la spada, avanzò impettito.
Gli altri lo seguirono.

Dei quattro, certamente il più misterioso era il riedrano dall'oscuro passato Kherydan. Di lui ha rivelato solo di essere fuggito anni fa da un piccolo villaggio di Riedra chiamato Khel. Valente in combattimento, generoso ed altruista con gli amici, dal fascino esotico e con una dialettica persuasiva fuori dal comune, sembra davvero uno uomo che non ha nulla a che spartire con la gente del Khorvaire.

Dopo circa un'ora, mentre attraversavano la passerella che porta a Torre Dalannan a est di guglia Kelsa, Kherydan scorse qualcosa, a circa 20 metri da loro.
Nella penombra del velo di pioggia, semi-nascosta dalle ombre delle lanterne perenni, una figura incappucciata si ergeva innanzi a loro, e ai suoi piedi, una sorta di fagotto indistinguibile dalla loro posizione.
«Ehi, guardate là», sussurrò Kherydan.
«Andiamo a vedere», suggerì Skado e avanzò di un paio di passi.
Un fulmine balenò in cielo delineando i contorni della figura e della lunga lama che spuntava dalla sua manica.
«Per tutti i demoni!» imprecò Pilgrim.
La figura sul ponte si voltò verso di loro.
Kherydan, avanzò a sua volta e continuò a fissarla, in segno di sfida.
Con uno scatto fulmineo, la creatura si lanciò verso di loro.

Kherydan mise mano alla spada, Pilgrim estrasse la sua balestra leggera da polso e Skado fece un altro passo in avanti, tendendo una mano e intimando: «Fermati! Fermati!»
L'essere continuò a correre ed arrivato ad un passo da loro, allargò le sinuose braccia e spiccò un balzo straordinario. Ruotando acrobaticamente su se stessa, saltò oltre la balaustra, nel vuoto.
I tre rimasero un istante a bocca aperta e poi corsero sul bordo a verificare.
Sparita. Probabilmente era troppo buio per notare qulacosa.
Si trovavano a circa mille metri di altezza, nulla sarebbe sopravvissuto a quel salto.

«Lì c'è qualcosa. Venite! Andiamo a controllare!» incalzò il morfico.
Avvicinatisi al ponte di Guglia Kelsa, trovarono riverso a terra, in una pozza di sangue, un uomo brizzolato vestito con abiti distinti e con una sacca di ottima fattura stretta nella mano destra.
Skado lo girò, e risultò subito evidente che era morto. La ferita che gli squarciava il petto gli era stata inferta da pochissimo.

«Per la pelle del Simulacro!», imprecò Skado: «Scommetto che quel folle che si è gettato di sotto, è l'assassino!»
«Già... e ci è scappato...», commentò Kherydan.
«Beh, diamo un'occhiata a questa sacca...» e Skado iniziò a frugare: «Ehi! Una mela! Beh... tanto a lui non serve più...» e il morfico diede un morso.
«A volte stupisci pure me...», commentò il forgiato.
«Qualche moneta, qualche foglio di carta con pennini... mmm... niente di che... si direbbe uno studioso, o qualcosa di simile... Ah, il suo documento e... interessante... dai un'occhiata a questo Kherydan.» e Skado porse al Riedrano un piccolo libretto nero.
Giusto il tempo di prendere in mano il libro, quando: «Ehi! Non avete sentito?»
«Cosa?»
«Un rumore... come un tintinnio metall.... ATTENTI!!!!» e con un balzo all'indietro Kherydan evitò un fendente mortale, che però lo ferì alla spalla sinistra.
Lo schianto fu terribile.
La creatura che avevano visto sparire oltre la balaustra, era piombata su di loro dal... cielo!
La lama aveva proseguito la sua corsa, colpendo non mortalemente il suo bersaglio, schiantandosi infine a terra, seguita dal suo prorietario.
L'arma s'infranse e per l'impatto parte della pavimentazione si frantumò, creando un piccolo cratere attorno corpo inginocchiato dell'essere.
La creatura si sollevò in piedi lentamente.
Con un movimento del polso, la lama spezzata rientrò nella manica seguita da un tintinnio di ingranaggi.
Abbassando il cappuccio ed estraendo un'ascia, la creatura puntò i suoi freddi occhi rossi sui tre compagni basiti.

L'assassino.
Un forgiato.

Zol, Decimo giorno di Barrakas
Cronache di Eberron – 998 AR

lunedì 2 giugno 2008

Aggiornamento layout

Da oggi è a in linea la nuova veste grafica del sito.

Sicuramente migliorabile, sia graficamente che come format, ma certamente meglio di quel epitaffio che era prima.

Ovviamente, chiunque abbia in mente qualcosa di speciale per il blog, si faccia avanti che ne parliamo.

giovedì 29 maggio 2008

E finalmente ha inizio!

Ci sono cose in moto ora, che non possono essere fermate.
Le loro vite sono legate anche se non ne hanno la consapevolezza.
Per ora.

Un ardente kalashtar fuggito da Sarlona, il cui passato è avvolto dall'oscurità...


Un ranger morfico originario delle Terre dell'Eldeen, avvezzo alle strade delle grandi città del mondo, che si affida ciecamente al suo spirito avventuroso...

Un artefice forgiato dalle capacità straordinarie, che sembra essere più di quel che dà a vedere...


Un nobile signore della guerra del casato Deneith portatore del marchio del drago, che pone la sua ambizione innanzi ad ogni cosa...

La clessidra è volta... ed i granelli iniziano a scorrere...

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... e alla "Fossa", bisca di Sharn, la città delle torri, il mezzelfo Lulshen, versa la birra agli avventori che hanno perso troppo, raccontando loro di quando quei quattro lavoravano per lui.
O forse sarebbe più corretto dire: quando per suo conto svolgevano commissioni "particolari".
La storia che più spesso si può udire dal vecchio, è anche quella che cambiò i loro destini, e comincia più o meno così:
«La pioggia scendeva intensa dal pomeriggio, come spesso succede in Olarune, quando l'inverno sa che la sua morsa dovrà cedere di lì a poche settimane. Quella notte avevo mandato quei quattro, a ricordare ad un... ehm... cliente, che anche se si è nobili, il debito di gioco va pagato.» - e di solito, il vecchio fissa intensamente lo sfortunato giocatore, fino a quando questo è costretto ad abbassare lo sguardo.
Poi con un colpo di tosse, riprende: «Era buio, e con il fitto velo d'acqua, si vedeva ancor meno. Erano giunti nei pressi di Guglia Kelsa, quando, nei pressi della lanterna perenne, scorsero un'ombra.........»

domenica 18 maggio 2008

La scelta del Nano

Giò avrebbe voluto scommettere sul risultato finale... e avrebbe vinto!!!

Simone (aka Nano aka Trakka) ha scelto: Morfico Ranger.

Ora vedo di recuperare (se ce l'ho ancora...) la scheda del "fu" Sigon, così da poterlo adattare ad Eberron e alla razza dei "stirpemannara".

Ho notato un interesse da parte di tutti i componenti del party, davvero alto.

Spero con tutto il cuore sia di buon auspicio per la campagna.

domenica 27 aprile 2008

Cronaca n. #2 del set di avventure Mosaico

Ecco a voi le cronache tratte dalla precedente campagna D&D su Nophar (mia ambientazione), ad oggi trasposta completamente su Eberron.
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Non si fermarono per tutta la notte ed il giorno seguente.
Distavano diverse miglia da Rothsest, ed il sole cominciava a rosseggiare inclinandosi verso ovest.
«Avranno sicuramente inviato una squadra,» commentò Wurtar, «e abbiamo almeno un altro giorno e mezzo prima di raggiungere quella stramaledetta cittadina.»
«I cavalli sono allo stremo delle forze» fece notare il mezzelfo mentre accarezzava il collo di uno dei due animali ansanti, «Non riusciranno a resistere per più di un miglio, a questo ritmo».
«È quasi notte, e conviene trovare un rifugio» convenne il guerriero.
Si fermarono e decisero che la cosa più sicura da fare era inoltrarsi nella foresta, proseguendo verso sud, in direzione di Rothsest.
«Io nasconderò le tracce fino alla curva che abbiamo superato poco fa» suggerì Sigon, «mi inoltrerò, poi, nella foresta verso nord, con i cavalli, così da creare una falsa pista. Dopodiché li lascerò liberi e tornerò sui miei passi per raggiungervi..».
«Inoltrati nel bosco per un ora, non di più. Non voglio dover dire a Conan di venirti a cercare.» precisò ironicamente il mago, che non poté evitare l’ovvia occhiata truce del ranger, che tutto poteva fare nei boschi, tranne che perdersi.
«Lascia che ti aiuti » disse amichevolmente il chierico di Dol Dorn, intervenuto più per smorzare i toni. Nascoste le tracce, il chierico lo salutò con una augurio di buona riuscita e raggiunse gli altri nel fitto bosco.
Sigon si ritrovò solo.
La cosa non lo disturbava minimamente. Era avvezzo alla solitudine. D’altronde era un profugo, e nel sud del Breland i profughi servono solo a ricordare le vergogne della guerra che li ha generati. E questo Sigon lo sapeva fin troppo bene. Molti erano i ricordi che spesso gli recavano visita in sogno, facendolo svegliare d’improvviso in un giaciglio di agonia.
Ora però non era il momento per le reminescenze.
Diede uno strattone alle briglie e si inoltrò nella foresta. Il terreno non si presentava troppo impervio, e i pini che lo circondavano, con la loro silenziosa maestosità, gli infondevano una certa sicurezza.
Erano trascorsi pochi minuti, quando notò un movimento furtivo, fra gli alberi. Solo allora si accorse che stava procedendo sottovento, e che l’odore dei cavalli ed il suo, li precedevano. Qualche predatore poteva averli fiutati. Proseguì con cautela e con i sensi in massima all’erta, fino a quando giunse ad una piccola radura. La piccola falce crescente di Lharvion, detta l’occhio, spiava attraverso le cime delle conifere.
C’era un silenzio teso.
Il montanaro, innervosito da quella insolita quiete, decise che quella zona era sufficientemente lontana dalla strada; diede quindi una botta alle due bestie, che però si mossero solo di qualche passo, per poi tornare indietro.
Erano spaventate. Come se percepissero ciò che Sigon non poteva vedere. Continuavano a fissare il centro della radura, movendo continuamente le orecchie alla ricerca di qualche rumore.
Dietro di loro un fruscio.
Si voltò e scorse, grazie ai particolari occhi eredità del padre, un quadrupede che si muoveva furtivo. Subito, alla sua sinistra, un agitarsi di un cespuglio gli rivelò la presenza di un altro essere. I cavalli sbuffavano agitati, al limite del panico.
Poderoso e improvviso, un ululato ruppe la tensione.
Le due bestie da tiro, con la paura nelle vene, diedero uno strattone alle redini e corsero via, lasciando il ranger solo al limitare dello spiazzo. Lo attraversarono completamente e si precipitarono nell’opposta selva di alberi, sparendo alla vista di Sigon, impietrito più per la repentinità degli avvenimenti, che per paura.
Passarono alcuni istanti di interminabile silenzio. Anche il leggero vento da sud, aveva smesso di soffiare.
Sigon non sapeva che fare. Aveva capito di trovarsi in mezzo ad un branco di predatori, e che ogni via di fuga era impedita.
Era nel suo ambiente naturale: la foresta. Ma questa non era Bosco Torreggiante nell'Eldeen, terra in cui era cresciuto. Si trovava in un luogo selvaggio ed ostile; in una terra straniera abitata da creature a lui sconosciute.
Poi, mentre con l’occhio cercava un varco che gli desse la possibilità di sperare ancora, notò qualcosa.
Sul limitare opposto alla radura, un’ombra, più scura della notte stessa, si muoveva.
Con andamento regolare, quasi fiero, l’essere si mosse. Camminava a quattro zampe, e raggiunto il centro della radura, si fermò. Come in attesa.
Con l’ultimo briciolo di coraggio, Sigon si avvicinò al limitare della radura, per poter osservare meglio la creatura.
Era un lupo. Il più grande che Sigon avesse mai visto. Era distante, ma era certo che al garrese sarebbe arrivato almeno al suo gomito. E lo stava fissando. Gli occhi della fiera, erano chiari. Azzurri o bianchi, non avrebbe saputo dirlo, data la distanza, ma di sicuro lo stavano osservando.
Trascorsero istanti lunghissimi, in cui gli sguardi dell’incredibile animale e del mezzelfo, non smisero un istante di incrociarsi; poi un rumore alle spalle di Sigon lo fece trasalire. Si era completamente scordato della situazione in cui versava. I battitori gli stavano ancora dando la caccia.
D’improvviso il grande lupo nero, sollevò il muso alle lune di Eberron, ed emise un lungo ululato.
Il mezzelfo si accorse che intorno a se, le creature che prima lo avevano accerchiato, ora si muovevano verso la radura. Verso il grande lupo nero.
La via alle sue spalle, era sgombra. Non attese un solo istante. Con il cuore pieno di emozioni per l’insperata via di fuga e per la strana sensazione di affinità provata, si immerse nel bosco, a ritroso verso la strada, ultimo luogo in cui aveva visto i suoi compagni.
Fuggendo però, gettò un’occhiata dietro la schiena: al centro del prato verde, lo sguardo del lupo nero era ancora fisso su di lui.
Percorse il tragitto senza dubbio alcuno. Nonostante fosse la prima volta che si addentrava in quella foresta, sapeva perfettamente come orientarsi. Era oramai a ridosso della strada, vicino ad una grande roccia che spuntava direttamente dal suolo, quando notò delle luci. Le fonti erano probabilmente le torce della squadra che li stava cercando.
Decise di appostarsi sopra il macigno e controllare.
Un uomo e cinque goblin. L’uomo, che sembrava un Lhazaariano, indossava una cotta di maglia, di buona fattura, e teneva in mano una spada dalla lunga lama. Riflessi dalle fiamme, gli occhi maligni e le corazze di cuoio degli altri, erano come fari per l’occhio vigile di Sigon.
«Cercate maledetti!» urlava l'uomo, «Non possono essere spariti. Il nostro signore, Dobelair, non risparmia chi fallisce!».
Sigon era in trappola. Non poteva attraversare la strada per raggiungere gli altri e non poteva proseguire nel bosco, per via dei lupi.
Poi all’improvviso un grido: «Gnaak trovato! Segue Gnaak!».
Il piano, purtroppo, aveva funzionato: erano sulle sue tracce.

Sigon, sdraiato sulla grande roccia, comprese che si trovava tra due fuochi: i battitori di Dobelair e i lupi della radura. Non trovava via di scampo.
Poi dal profondo della radura si innalzò un potente ululato.
Un ululato che gli trafisse lo spirito.
Decise allora di seguire l’istinto. Si sollevò in piedi sulla roccia che lo nascondeva alla vista e urlò: «Ehi voi stupide creature!» incalzò, «ce ne avete messo di tempo!».
Il gruppo di battitori, dopo un istante di sorpresa, iniziarono l’inseguimento urlando e minacciando nella loro incomprensibile lingua.
Il ranger si diresse alla radura. Non sapeva perché aveva deciso di agire in quel modo. Sapeva solo che doveva correre verso la radura. Sentiva che lì qualcosa lo avrebbe protetto.
«Maledette bestie immonde, prendetelo!» urlò il capo dei battitori, «Fate di quel bastardo ciò che volete, ma lasciate intatta la testa, è il dono per il nostro signore, quale tributo per averlo sfidato!»
Sigon aveva quasi attraversato totalmente la radura, quando gli inseguitori arrivarono al limitare del bosco. Erano accecati dalla bramosia della caccia, e iniziarono la traversata di corsa sotto la candida luce di Lharvion.
Sigon, con il fiato corto, si gettò sotto un cespuglio di felci, sdraiandosi al cospetto di un antico pino e osservò.
Percepiva che qualcosa stava accadendo.
Sentì un rumore di piccoli passi poco distante, poi uno più vicino, infine voltandosi, lo vide.
Era sopra di lui. Magnifico. Fiero. Terribile. E con occhi glaciali lo trafiggeva, fino a toccargli l’anima.
Sigon comprese: c'era un legame.
Poi il grande lupo, si voltò di scatto e fece un passo nella radura.
I goblin e l’umano erano al centro del prato oramai, e quando videro l’essere sbucare dall’antro boscoso si bloccarono di scatto. Davanti a loro, alle loro spalle, da ogni lato della foresta, fecero la loro entrata nella radura i lupi.
Mai Sigon vide un branco tanto grande. Non poteva essere un unico branco. Forse quattro o cinque o molti di più. Sei, forse sette dozzine di esemplari, ma sembrarono molti di più, il ranger non poté contarli con precisione. L’emozione era troppo forte.
Gli inseguitori al centro della radura agitavano il fuoco delle torce e le loro rozze armi per esorcizzare il loro terrore. Il grande branco, strinse il cerchio attorno al gruppo dei sette. Quando furono a dieci passi da loro il grande lupo si fermò e con lui, tutti gli altri.
Sigon non seppe quanti istanti trascorsero, ma in un preciso istante il grande lupo fece un balzo incredibile e azzannò la gola del Lhazaariano, uccidendolo all’istante. I goblin non ebbero tempo di capire cosa fosse successo al loro capitano. Decine di lupi si avventarono su di loro facendoli a pezzi.
Il grande lupo si allontanò poi dai predatori, e sedutosi poco distante rivolse un breve sguardo in direzione di Sigon, poi alzò il muso alle lune ed emise un indescrivibile ululato. Quel suono entrò per sempre nel cuore di Sigon.
Destatosi dallo stato di stupore e meraviglia, si alzò e corse verso i compagni. Echeggiava ancora in lui l'uluato e sentiva nel suo spirito il fiero sguardo dell'animale.

Arrivò al campo trafelato.

«Ma cosa ti è successo?» chiese Conan preoccupato «Wurtar ti ha detto un ora, e ne hai impiegate quasi tre per tornare. Ehi… ma sei pallido… stai male?»
«Sembra che tu abbia visto uno spettro…» aggiunse Zerbe, mormorando una qualche litania a Dol Dorn.
Wurtar si limitava a fissarlo.
«Nulla. Non preoccupatevi,» rispose «I battitori avevano trovato la pista più in fretta di quanto credessi. Ma ora sono sicuro che non ci troveranno. E comunque ora ho fame. Ho preso questi mentre tornavo. È per quello che ho impiegato più tempo». E stacco dalla cintura tre conigli.
Non capì con esattezza, perché volle nascondere l’accaduto ai compagni. Sapeva solo che quella creatura e il loro legame, era un’esperienza che riguardava lui soltanto.
Quella notte, prima di addormentarsi, rifletté ancora sugli avvenimenti, e più di ogni altra cosa, cercò di capire perché cercò rifugio tra i lupi. Ma si addormentò.

Solo molto tempo dopo, avrebbe potuto comprendere il destino di quell’incontro.

Mol, Nono giorno di Aryth
Cronache di Eberron – 998 AR