giovedì 26 giugno 2008

Nel frattempo...

Jagoren imboccò il vicolo e si diresse verso il Museo Dezina delle Antichità.

Non aveva propriamente ricevuto un invito.
Il vero motivo per cui era richiesta la sua presenza all'inaugurazione, era per svolgere un incarico imposto dal suo casato: i Deneith.

Bisogna ricordare che gli ir'Tain, poco più di un anno fa, finanziarono una spedizione di archeologi di Morgrave a Xen'Drik. In particolare, Celyria ir'Tain, matriarca della più potente famiglia di Sharn, desiderava ardentemente donare alla città e all'università, un prestigioso tesoro.
E fu così che i tredici più stimati archeologi di Sharn, la notte del 10 di Lharvion del 997 salparono alla volta di Capo Tempesta, capitanando una spedizione composta da quasi cento uomini.

Purtroppo la spedizione non fu delle più fortunate.

La prima sventura si verificò, dopo solo un paio di settimane dall’attracco a Capo Tempesta, mentre erano accampati nel fitto della giungla. In quella notte avvolta da una strana nebbia, furono attaccati da un gruppo di selvaggi. Alla fine dell'incursione, sul suolo dell'accampamento nove membri della spedizione giacevano morti e il ricercatore più anziano, risultò disperso.

Da quel momento, la spedizione fu tormentata da innumerevoli eventi nefasti, ma alla fine riuscì a completare la missione. Rientrarono a Sharn con un tesoro magnifico: una serie di manufatti risalenti ad antichissime civiltà, oramai scomparse.

I più importanti ritrovamenti furono: una maestosa statua di cristallo e pietra rappresentante un guerriero gigante (o un re, visto la corona che gli cingeva il capo) eretta sulle proprie gambe e con il volto rivolto al cielo tenendo le mani appoggiate ai fianchi; vari dischi di pietra riportanti misteriose incisioni e segni; un grande scorpione fatto di un materiale metallico sconosciuto; e un sarcofago d'oro massiccio tempestato di pietre preziose il cui lato superiore risulta costituito da una lastra di materiale vetroso scuro, che ne occulta il contenuto.

Per questa notte è prevista l'esposizione in anteprima di questi splendidi oggetti nella sala principale del Museo Dezina. Ovviamente tutte le cariche politiche e sociali più importanti di Sharn, saranno presenti.

Motivo per cui Lalia e Tasra d'Deneith, al servizio di Lord Sadran capo del casato a Sharn, contattarono quel pomeriggio Jagoren, affidandogli il compito di proteggere lo gnomo Laren Basken, uno degli archeologi rientrati da Xen'Drik, che sembra essere in pericolo di vita. In verità Laren non sembra essere l'unico a sentirsi minacciato. Questa strana mania di persecuzione sembra aver colpito tutti i sopravvissuti della spedizione.

Erano da poco passate le undici, quando Jagoren incontrò il suo superiore.
Lalia, che come sempre, risultò crudele, al limite dell'offensivo, lo incalzò: «Finalmente sei arrivato, buckler.» dispregiativo usato nella gilda, per sbeffeggiare un individuo di basso rango. «Vedi di tenere alto il nome dei Deneith, stanotte. Ricorda che non esiterò a far rapporto a Lord Sadran, se così non fosse. E tu ben sai, che la mediocrità non è contemplata tra i Difensori.»
Stringendo i pugni per la rabbia, Jagoren annuì sfidando lo sguardo terribile di Lalia.
«A quel tavolo, noterai uno gnomo seduto con abiti cenciosi quanto i tuoi. Quello è il protetto.» continuò tagliente: «Non fallire, buckler.» e si allontanò facendo roteare superbamente il mantello.
Jagoren la fissava con odio mentre si allontanava, poi d'improvviso, dopo pochi passi, Lalia si arrestò: «Rispetto, buckler!» urlò rimanendo voltata, «Non mi provocare...»
Jagoren colto di sorpresa da quelle affermazioni, e sentendosi stranamente a disagio, distolse lo sguardo ed entrò nella sala da pranzo del Museo.

Trovò quasi subito lo gnomo Laren Basken.
Seduto in disparte con la testa china, sfregandosi nervosamente le mani, appariva sciupato, quasi fosse denutrito.
Jagoren, da buon Kharnnathi si presentò e sviolinò l'elenco dei suoi doveri e dalle garanzie verso il cliente, come indicato dall'addestramento della Gilda dei Difensori.
Un rassegnato cenno col capo di Laren, confermarono l'accettazione delle condizioni contrattuali, e Jagoren si posizionò alle sue spalle, come un'ombra.

Erano presenti tutte le autorità: dal Lord Sindaco a Lady ir'Tain, dai membri del consiglio cittadino ai rappresentanti di molte famiglie influenti di Sharn.
Una ricca cena fu servita, ma il cliente di Jagoren non mangiò nulla.
Gli intrattenitori del casato Phiarlan animarono la cerimonia di inaugurazione con una ricostruzione teatrale della storia della città, con particolare enfasi al grande contributo della famiglia ir'Tain nei secoli e soprattutto durante l'Ultima Guerra, concludendo con il loro dono alla città, ottenuto con l’insidiosa spedizione a Xen'Drik.
E con un balzo acrobatico di un elfo, furono aperti i sipari che nascondevano la grande sala della mostra.

Lo spettacolo fu incredibile.

Una statua di un gigante dominava la stanza; uno scorpione metallico grande quanto un toro riluceva minaccioso; un sarcofago d’oro era al centro della stanza eretto nella sua bellezza.
Poi ovunque teche di vetro contenenti reperti straordinari.

Sul palco alle spalle della sala, prese la parola il Lord Sindaco che ringraziò mellifluamente la matriarca Celyria ir’Tain dello splendido tesoro donato alla comunità di Sharn. Su invito, prese la parola Celyria stessa, che modestamente diede tutti i meriti ai coraggiosi membri della spedizione, invitando il rappresentante lì presente a fare un breve resoconto dell’avventuroso viaggio a Xen’Drik.

Titubante Laren si avvicinò al palco, seguito come un’ombra da Jagoren che tutto osservava, al fine di cogliere anche il più piccolo movimento sospetto.
Salito sul palco, con tutti gli occhi puntanti addosso, lo gnomo tremando letteralmente iniziò: «Eravamo… impauriti… Eravamo… stanchi… La giungla lo nascondeva… ma noi l’abbiamo trovato… Non dovevamo! L’abbiamo portato via… Non dovevamo! Ed ora è qui… Qui… Cosa abbiamo fatto…? Cos…ARGH!!!» e stringedosi la mano al petto iniziò a rantolare. Il viso si rigò di vene color pece e il respiro si fece affannoso, mentre si accasciava al suolo.
Veleno!
Jagoren si gettò su di lui e impedì che rovinasse a terra.
«Ma com’è possibile?» sussurrò con un filo di voce Jagoren, mentre gli sosteneva la testa «non ha toccato cibo, ne acqua…»
Fu il panico.
Molti fuggirono fuori dal museo, mentre le guardie cittadine d’istanza in sala e alcuni invitati si accostarono ai due per prestare soccorso.
«Siamo maledetti… maledetti… mal….» e le parole gli si spensero in gola insieme al suo ultimo alito di vita.

Seguì il caos.
Le nobildonne urlarono, Jagoren fu sollevato di peso dalle guardie cittadine e trascinato via, mentre un chierico della Schiera Sovrana e un Halfling del casato Jorasco, tentavano disperatamente di rianimare Laren Basken.
Mentre veniva portato fuori dalle guardie, un uomo distinto si parò davanti al drappello: «Dove lo state conducendo, guardie?»
«Alla cittadella, signore» rispose un soldato, «Lo interrogheremo per accertamenti, in quanto sospettato principale.»
«Per i venti della Volta del Cielo!» esplose, «Ma vi siete accorti che un membro dei Difensori la cui vittima era il suo cliente? Se avesse fatto una cosa del genere, si sarebbe condannato a morte da solo, come da contratto della Gilda! Come potete essere tanto sciocchi da accusarlo?»
«Ma… veramente, noi non credevamo…»
«Lasciatelo andare. E dove diamine è il vostro sergente?»
«È stato richiesto l’intervento del sergente Dolom per risolvere un problema nei pressi di Guglia Kelsa, signore» si giustificò la guardia rilasciando Jagoren.
«Pensate a raccogliere prove ed indizi, invece di trarre conclusioni affrettate, che potrebbero ledere il buon nome di un cittadino!» concluse duro il nobile.

Una volta che le guardie si furono allontanate, il nobiluomo si presentò a Jagoren come Sorik Sensos.
Jagoren lo ringraziò, ma il nobiluomo con freddezza ribadì: «Questo è per saldare il debito del mio parente con il mezzelfo per il quale lavori. Io rimetterò il tuo debito, se tu lo rimetterai a Lulshen. Parlerò direttamente con il tuo Lord Comandante. Testimonierò i fatti, ribadendo la tua estraneità con l’accaduto e l’impossibilità di evitare che ciò avvenisse. Buona notte, giovane Deneith.» e uscì.
Jagoren ebbe giusto il tempo di realizzare e far buon viso a cattivo gioco.

Si avvicinò al gruppo di persone che circondavano il corpo esanime dello gnomo.
Si inginocchiò a fissare il volto stravolto della vittima, cercando di capire quale veleno lo avesse ucciso.
Poi, d’improvviso, la salma fu scossa da un forte fremito.
Il chierico fece un balzo, che lo fece cadere giù dal palco.
L’addome della vittima sembrava muoversi, come se avesse qualcosa al suo interno. La bocca del povero Laren si aprì e uno sciame di scorpioni neri ne fuori uscì, spargendosi per la stanza.
I pochi curiosi rimasti, si diedero alla fuga.
Jagoren si portò all’uscita, ma voltandosi notò che lo sciame si era fermato assumendo una strana conformazione, simile ad una punta di lancia o un artiglio.
Con un fremito che scosse l’intero sciame, di colpo gli scorpioni si trasformarono in polvere.

Turbato e scosso per l’accaduto, timoroso delle possibili reazioni dei suoi superiori al suo fallimento, si gettò nella notte piovosa, in direzione della Fossa.

Lulshen doveva sapere, che il debito di Sensos era da considerarsi saldato.

Wir, Undicesimo giorno di Barrakas
Cronache di Eberron – 998 AR

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