sabato 21 febbraio 2009

La bambolina ed i goldoni

Mai, ripeto MAI ho riso tanto in una sessione D&D.
La bambola gonfiabile di Ciccio, il Nano che la seviziava, il pacco con migliaia di goldoni la cui origine rimarrà avvolta nel mistero, gli appellativi di Gio sui nemici che incontrava, i peti atomici che sono venuti fuori, i cadaveri ammassati a fine sessione... insomma un bordello!

Bella davvero.
Rimane un sogno riuscire a trovarci prima, così da essere più freschi, ma non importa!

A tra due settimane, perché la strada da Kennrun a Nuovo Cyre è insidiosa...

Pericolo sulla strada per Kennrun!

Quando giunsero al carro avevano il fiato corto per la corsa.
«Presto, parti!» ordinò Jagoren a Failin, che senza indugio mise in moto il carro elementale.
Dopo qualche circa un’ora decisero di fermarsi per decidere quale direzione prendere.
«Non possiamo tornare indietro» ammonì Kherydan «Potrebbero essercene altri sulle nostre traccie»
Tutti concordarono sull’osservazione del kalashtar, e dopo una consultazione delle mappe di Failin, decisero il percorso:
proseguire per due giorni verso nordovest fino alla fortezza di Kennrun, poi seguendo le vie carovaniere per altri tre giorni prevedevano l’arrivo a Nuovo Cyre e da lì prendere la strada maestra per Starilaskur. Lì avrebbero abbandonato Failin e con il treno folgore la via per Sharn sarebbe stata semplice.



Il viaggio proseguì senza sosta fino al tramonto.
La nebbia funerea era oramai lontana, ed erano abbastanza distanti da Cornogorgone e Teschiorotto, siti sotto il controllo dei goblin.
Si accamparono per la notte nei pressi di un boschetto arso dalla totale assenza di acqua. Dopo una cena frugale Pilgrim si mise di guardia e gli altri si infilarono nella tenda per dormire.

Trascorse solo un’ora, e avvenne l’imprevedibile.

Dalla boscaglia una raffica di quadrelli investì il forgiato che cadde a terra con fragore. Kherydan fu il primo a scattare dalla branda e correre dall’amico, seguito dal morfico e dal guerriero.
Sotto una fitta serie di colpi Kherydan riuscì a portare in salvo Pilgrim, sul carro elementale, svegliando anche Failin.
Skado e Jagoren invece si aprirono a ventaglio e si infilarono nel boschetto. Jagoren facendosi luce con una torcia e Skado sfruttando la sua visione crepuscolare.
«Maledetto, dove ti sei nascosto?» sussurrava il nobile Deneith senza accorgersi di aver messo un piede in fallo. Un laccio teso nascosto tra i filamenti fece scattare una trappola, ed un ramo flessibile alla cui estremità era stato conficcata una punta, trafisse la coscia del guerriero, facendolo urlare di dolore mentre cadeva a terra.
«Maledizione!» pensò il morfico, «Questo sembra un osso duro…»
«Bastardo! Fatti vedere!» urlò il guerriero mentre cercavi di rialzarsi, «Combatti lealmente, maledetto!».
Ed un’ombra passò proprio sopra di lui colpendolo con una lama al braccio che teneva la torcia. Jagoren strinse i denti ma non la fece cadere, e con uno sforzo al limite del sopportabile, si sollevò.
«Ti stanerò!» urlò il guerriero. Ed ancora una volta l’invisibile nemico fu troppo veloce. Ciò che vide fu solo un’ombra indistinta, e poi un colpo alla testa, vicino alla tempia che fece balenare fulmini negli occhi del già ferito Jagoren.
«Tornate indietro» suggerì Kherydan telepaticamente all’amico, «non potete affrontarlo da soli. È troppo forte.»
«Hai ragione.» rispose a bassa voce il nobile, «Ma almeno non gli darò più un posto dove nascondersi!» e gettò la torcia verso un cespuglio secco.
Le fiamme attecchirono immediatamente, mentre Jagoren si ritirava zoppicando e sanguinando copiosamente.
Skado invece rimase, troppo incuriosito dall’insolito e pericoloso nemico. Si arrampicò su un albero abbastanza grande da permettergli una visione panoramica.
Non riusciva a vederlo distintamente: era troppo veloce.
Poi vide l’ombra passare sotto la sua postazione ed uscire con uno scatto dalla boscaglia in fiamme. Era certo di averlo sentito pronunciare in comune le parole: “Nemico! Nemico! Nemico!”. Si diresse verso la tenda e in un turbinio di colpi la fece a pezzi.
Poi ci fu un lunghissimo momento in cui Skado non lo vide più. Lo cercava con lo sguardo: dai resti della tenda, al limitare del boschetto, al carro che gli altri avevano già iniziato a muovere per fuggire. Ed all’improvviso, si accorse che si trovava proprio sotto di lui, a pochi metri.

Era umanoide, taglia media, ed indossava una veste scura aderente al corpo che favoriva la sua indefinibilità. Dal cappuccio, anch’esso aderente, spuntavano solo due occhi rossi carichi d’odio.

Mentre era combattuto dalla paura per questo potente nemico e dalla consapevolezza della sua posizione vantaggiosa per un eventuale attacco, ecco di nuovo l’imprevedibile.
Con un lamento, come fosse stato colpito da un dolore lancinante, l’ombra si mise le mani sulla testa, barcollando. Skado era certo di aver visto per un momento divenire gli occhi di quella creatura di colore blu.
Ecco il momento per colpire.
Mutò, e facendo appello ai suoi poteri di figlio delle Terre dell’Eldeen, compì un balzo prodigioso e con la doppia lama Talaen Kara si gettò sul nemico.


Il colpo riuscì solo a toccare di striscio la testa della creatura, ma questo consentì di tagliare il cappuccio e svelare il suo volto.


«Un forgiato…» sussurrò il ranger pieno di stupore, scorgendo i tratti del nemico riflessi nelle fiamme dell’incendio che divampava.

Poi, con un colpo improvviso senz’armi, Skado fu scaraventato a terra, qualche metro più in là, ed il misterioso nemico corse nel boschetto.
Con un balzo superò le fiamme e sparì così come era venuto.

«Guarda che ti lasciamo lì ad arrostire!» gli urlò Jagoren dalla porta del carro mentre gli passavano accanto a tutta velocità.
Skado, con uno scatto li raggiunse e salì a bordo.

Cercarono di riposare durante il viaggio, ma nessuno di loro dormì tranquillo.
In particolare Kherydan si sentiva molto strano. Come se qualcosa nel suo più profondo io si fosse destato, senza però che egli potesse comprendere.

Nella giornata seguente raggiunsero un piccolo villaggio che distava poche leghe dalla fortezza di Kennrun.
Decisero di alloggiare alla locanda sulla cui insegna era scritto “Passo dello Zoppo”, gestita da un uomo di mezz’età che sembrava aver viaggiato molto, e di conoscere molto di quei territori.
Presero tre stanze e pagarono anticipatamente.
«Hai mai visto un simbolo come questo?» chiese Skado mostrando uno schizzo su un foglio.
«Dunque fammi vedere…» disse l’uomo prendendo il disegno, «Niente di buono! Dove lo avete visto?»
«Era sugli scudi e sulle armature di alcuni individui che ci hanno attaccato» ammise schiettamente Kherydan
«Sono dei fanatici del Karrnath. Brutta gente.» disse seccamente, facendo capire di voler chiudere l’argomento
Ma a Jagoren non bastò e prendendolo per il bavero, lo tirò sul bancone come fosse un sacco di patate: «La tua risposta non mi soddisfa, visto che questi bastardi ci perseguitano da giorni, senza contare che sono capeggiati da qualcuno che non sembra affatto umano. Credo tu sappia di più, dunque parla se tieni alla vita!»
«Non credo sia il modo giusto di trattare il nostro ospite, Jagoren» intervenne Kherydan diplomaticamente, separando i due.
L’intervento fu provvidenziale, perché anche se riluttante, l’oste rivelò che questo gruppo si faceva chiamare Ordine dell’Artiglio di Smeraldo, un ordine fondato durante l’Ultima Guerra con l’unico scopo di favorire il dominio del Karrnath sugli altri regni.
Skado chiese poi se aveva sentito parlare di un qualche individuo che era solito attaccare i viandanti.
«Si… effettivamente ora che mi ci fai pensare» continuò il vecchio, «ho sentito dire che alcune carovane mercantili del Thrane e del Breland avevano subito dei sabotaggi o erano cadute in una sorta di agguati mentre attraversavano le terre nei pressi della Landa Gemente»
«E…?» insistette il ranger.
«E niente!» concluse duramente l’uomo, «Non sono mai riusciti a prenderlo. Le descrizioni arrivano a descriverlo poco più che un’ombra sfuggente, un essere indefinibile che attacca e poi si rifugia nella Nebbia Funerea, consapevole che nessuno è così folle da seguirlo lì.»
«Ma nessuno ha cercato per lo meno di catturarlo» chiese stizzito Jagoren.
«Ci sono taglie su quest’essere in Thrane, in Breland e perfino nel Darguun. Ma nessuno è mai riuscito nemmeno ad avvicinarlo. È anche vero che non avendo mai ucciso nessuno, le taglie sono rimaste quelle di un comune delinquente, ma si è fatto certamente una certa fama.»
«Quindi potremmo essere gli unici ad averlo avvicinato davvero. E chissà cosa lo spinge a comportarsi così…» rifletté Skado a voce alta.
«Ti fai troppe domande, Skado» lo redarguì Jagoren, «Sarebbe meglio che pensassi al viaggio di ritorno, invece che a queste sciocchezze. E poi sono stanco morto, me ne vado a dormire.»
Il morfico scrollò il capo e sbadigliò, accorgendosi come all’improvviso di essere sfinito.

«Si. Hai ragione. Meglio dormirci su.» e si diresse alla sua stanza.

Sul, Ottavo giorno di Vult
Cronache di Eberron - 998 AR